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Il fantasma del palcoscenico

Regia di Brian De Palma vedi scheda film

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La recensione su Il fantasma del palcoscenico

di alan smithee
8 stelle

La sala più piccola del mondo del cinema meglio organizzato del mondo (sto riferendomi all’universo di Alan Smithee, piu' che al mondo intero, ambiente, il primo, che pur circoscritto, ha permesso a quest'ultimo di prendere in considerazione già un discreto numero di sale sparse nel continente) - ovvero quella del cinema Mercury di Place Garibaldi a Nizza -  ieri sera, e di nuovo succederà per qualche mirata occasione tra qualche giorno, ha reso disponibile agli spettatori una versione splendidamente restaurata del celebre musical/horror di Brian De Palma, in v.o. con sottotitoli francesi. E rivedere dopo circa quindici anni, ma su un “piccolo grande schermo” cinematografico anziché in tv, questa contaminazione folle, perversa e barocca di generi cinematografici (e letterari) in una versione così perfetta e vivida nei colori sgargianti ma definiti e non arrossati o sbavati dal tempo, crea davvero emozioni forti e durature, in grado di suggellare una adorazione ancor più esclusiva per questo grandissimo artista ed autore cinematografico italoamericano.   Una storia di soprusi, di manipolazione della creatività, di usurpazione delle proprie capacità e doti artistiche a favore di un piccolo ma diabolico ed inquietante re Mida del mondo musicale, quello Swan (un nome, una garanzia, reso con inquietante aderenza dal piccolo e diabolico Paul Williams, regista ed attore, ma soprattutto musicista ed autore degli stupendi pezzi scatenati e rock che popolano la piece in allestimento e quindi il film stesso) che, sceso a patti col diavolo, ha acquisito una sorta di immortalità e si appropria di capacità altrui per mantenere viva e irraggiungibile la propria figura leggendaria. Il tutto ai danni del talentuoso, ingenuo e poco attraente ma anche geniale musicista Winslow Leach (un sempre piu' mostruoso e deformato William Finley, reduce dal ruolo insano del medico/marito "separatore" ne Le due sorelle, di due anni prima sempre col miglior Brian, anche qui armato del suo inconfondibile sguardo folle alla Marty Feldman, ma serio e folle nella sua accezione più pericolosa ed allarmante) costretto a subire a causa del suo rivale scaltro e insaziabile di successo, una serie di angherie fisiche e morali che lo porteranno alla pazzia e quindi a bramare vendetta ad ogni costo. A contendersi successo, ma anche i favori di una bella e dotata cantante, i due rivali daranno vita ad una lotta senza esclusione di colpi (e di note, of course) che la furia registica molto pertinente di De Palma esalta e rende memorabile, con accumuli di gore (quel magnifico sangue kitch denso e rosso vermiglio, improbabilissimo), erotismo con ammiccamenti omosex, citazioni blasfeme ma pertinenti da Oscar Wilde sull’immortalità, e tanto, tanto furore: un sentimento che nasce dalla follia concitata della disperazione e della prevaricazione, che il grande regista più di ogni altro riesce a rappresentare e ad esaltare. De Palma mito che continuerà a crescere col thriller negli anni seguenti emulando Hitchcock (anche qui citato con la scena esilarante della doccia, in cui la vittima e' il biondo dinoccolato cantante  di rock duro, ma in fondo molto piu' donna, quasi drag queen, di quanto non possa e voglia apparire o possa apparire l'originale di Janet Leigh) ma anche reinterpretandolo, con  la rappresentazione di una follia selvaggia e senza limiti che il grande maestro osò solo in pochi capolavori come Psycho, o altri capitoli interessanti ed insoliti della sua entusiasmante opera, come il violentissimo efferato Frenzy, ad esempio.

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