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Milano odia: la polizia non può sparare

Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film

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La recensione su Milano odia: la polizia non può sparare

di Donapinto
6 stelle

Giulio Sacchi (Tomas Milian) e' un pericoloso e psicopatico delinquente della periferia di Milano che Insieme a due ingenui perditempo, sequestra a scopo di estorsione la figlia ventenne di un ricco imprenditore milanese. Si mette sulle loro tracce l'onesto e ostico commissario di polizia Walter Grandi (Henry Silva).                                                                                                                                                                            Pellicola divenuta un vero e proprio cult per i fans del poliziottesco italiano, nonche' uno dei titoli italiani preferiti da Quentin Tarantino. MILANO ODIA: LA POLIZIA NON PUO' SPARARE, esce in un periodo in cui il noir e il poliziesco avevano preso piede in Italia, sfornando, come precedentemente lo spaghetti-western, pellicole su pellicole, con titoli pressoche' tutti uguali e con trame e sceneggiature piatte e ripetitive. Genere all'epoca giudicato reazionario e stroncato all'unanimita' da tutta la critica nostrana, per poi essere rivalutato a distanza di 25-30 anni. Sergio Martino, Franco Martinelli, Stelvio Massi, Mario Caiano e naturalmente Umberto Lenzi, erano i registi piu' attivi nel genere, in particolar modo proprio Lenzi, regista del titolo che mi appresto a recensire, e' stato senz'altro il piu' prolifico e il piu' amato. MILANO ODIA: LA POLIZIA NON PUO' SPARARE e' fortemente influenzato dai titoli che arrivavano da oltreoceano, in questo caso e' il primo Callaghan diretto da Don Siegel a esserne il modello. Nei limiti di un genere premasticato e che non ho mai assolutamente amato, il film di Lenzi puo' considerarsi uno dei migliori del filone, confezionato con una certa cura e valorizzato dall'interpretazione, seppur a corrente alternata, di Tomas Milian. Il suo Giulio Sacchi e' un delinquente incallito che odia il genere umano, cui il bravo attore cubano caratterizza a tratti in maniera convincente, per poi esagerare e lasciarsi andare a un'interpretazione sovraeccitata e sopra le righe, come sopra le righe sono alcune situazioni di violenza esasperata e fine a se stessa, come quella della strage nella villa, dove sembra che Lenzi abbia quasi voluto omaggiare (o plagiare) una scena di ARANCIA MECCANICA. Poco incisiva la figura del commissario Grandi, a cui da il volto l'inespressivo Henry Silva, uno "sbirro" onesto e in linea con la tradizione, ma che fara' giustizia sommaria nello scontato e ovvio finale. Ma nonostante gli stereotipi e i cliché del genere, MILANO ODIA: LA POLIZIA NON PUO' SPARARE riesce a destare interesse, senza trascurare gli aspetti sociali del periodo e rivelandosi superiore di una spanna ai mediocrissimi lavori che verrano prodotti in seguito, anche tra quelli diretti dallo stesso Umberto Lenzi. Anche se comunque arrivare a parlare di cult, ne passa.

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Ultimi commenti

  1. ezio
    di ezio

    ne ho fatta anch'io una rece messa nella pagina principale,grazie del tuo commento....solo lievemente inferiore al mio come qualita' artistica....

    1. Donapinto
      di Donapinto

      Ti ringrazio molto. Scusa se non mi dilungo o non rispondo ad altri commenti, ma il mio non e' un PC, ma un semplice tablet con le batterie ormai ridotte ad uno scarsissimo 15%. Purtroppo nella situazione che stiamo vivendo non riesco né ad avere nuove batterie, tantomeno ad acquistare un nuovo apparecchio, e come telefono possiedo un semplicissimo Nokia, sono un (quasi) incallito anti-tecnologico. Speriamo di superare al piu' presto questa gravissima crisi che pensavo potesse accadere solo in certi film di fantascienza. Un saluto e un augurio.

    2. ezio
      di ezio

      appena ho tempo ti mettero' titoli di film che siano attinenti al momento che stiamo vivendo...e ce ne sono stati,li ho visti….grazie.

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