Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
Erano anni violenti, in cui la cronaca riportava con frequenza di stragi, delitti ed atti terroristici; ciò non basta certo a giustificare una storia così marcia, sanguinolenta e inumana come quella di Milano odia, ma può essere un inizio. Altro fattore che ci riporta al poliziottesco (sebbene qui ancora l'elemento comico vero e proprio latiti, quindi si possa definire a tutti gli effetti un poliziesco) è l'esigenza di un cinema di critica sociale che si rifaccia al contesto contemporaneo (modello instant movie), fattore peraltro evidenziato già dal titolo: di chiaro gergo giornalistico e con riferimento esplicito alla metropoli. Milano grigia e spietata, che odia dunque, con un Milian monumentale a tratteggiare un bandito gelido e privo di sentimenti come Giulio Sacchi; Lenzi ne racconta l'epopea quasi come fosse un eroe, un martire della polizia, che in effetti finisce per giustiziarlo, sovvertendo nel finale i ruoli di buoni e cattivi. Troppa violenza e troppo sangue rosa che scorre; del resto questo cinema nasce come puro intrattenimento e i mezzi sono quelli che sono: pochi.
Un rapinatore (Giulio Sacchi) si fa prendere la mano e uccide un poliziotto. Da quel momento la sua 'carriera' prende il volo: con ferocia inusitata comincia ad eliminare i suoi complici, rapisce la figlia di un industrialotto, ottiene il riscatto e uccide sia i suoi aiutanti che la ragazza. A quel punto il commissario che indaga sul caso, sapendo che senza prove non potrà incriminare Sacchi, getta il distintivo e va a freddare il bandito di persona.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta