Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
Nonostante "Milano Odia" sia considerato il capolavoro di Lenzi, a mio modesto parere il regista toscano ha dato del suo meglio, nel campo dei "poliziotteschi", con i suoi titoli successivi (tra i quali "Il Cinico, l'Infame, il Violento" o il mitico "Roma A Mano Armata"), ed è chiaro che lo scopo del film è colpire allo stomaco lo spettatore.
La trama non è molto solida e articolata, ma la regia di Lenzi rende il film scorrevole e certamente avvincente e la sceneggiatura è di buona fattura anche se ovviamente si concentra perlopiù sulle scene violente, per sbattere in faccia a chi guarda la (in)sana crudezza di cui un poliziottesco come questo deve grondare; si nota che Lenzi tende a inserire molteplici vicende parallele all'interno della trama, come più tardi farà su Roma A Mano Armata, in questo caso l'attività della bisca clandestina del boss di Giulio Sacchi;
il finale è più di routine, ma prima di arrivarci si attraversa una galleria di orrori metropolitani a cui neanche i precedenti polizieschi italiani avevano abituato.
La violenza è quindi il vero filo conduttore del film, grazie a un Tomas Milian da infarto e dal freddo e risoluto sbirro di Henry Silva, e in varie scene (la strage nella villa, il pestaggio iniziale dopo la rapina, l'esecuzione di Marilù e via massacrando) sconfina in una deliberata efferatezza fine a se stessa.
Si nota che la comicità involontaria e l'autoironia (seppur scarsa) caratteristici della maggior parte delle pellicole poliziottesche qui non trovano spazio, dato che si tratta di uno dei primi esempi del genere e quindi si punta soprattutto (per non dire soltanto) sull'esaltazione della violenza; violenza non solo fisica ma anche psicologica, esemplificata daile scene prolungate e ben dettagliate.
In definitiva, quindi, non uno dei miei poliziotteschi preferiti, comunque un titolo fondamentale per il genere e una tappa obbligatoria per chi vuole conoscere la filmografia di Lenzi.
Una nota di merito va infine a un altro artista che migliora la qualità e lo spessore del film, ovvero il grande Amendola che caratterizza con la consueta intensità la voce di Giulio Sacchi, dando una prestazione indimenticabile.
tipica del genere e dell'epoca!
convincente e sofferta quanto basta
alquanto inespressivo (come al solito, del resto)
il Giulio Sacchi di Milian é debordante, luciferino, malato, incontrollabile, abominevole...insomma, pressoché efficace!! credo sia l'interpretazione più intensa e impressionante che Milian abbia mai fatto in un poliziesco. di sicuro, il vero cardine del film
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