Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
Parafrasando il diavolaccio dell'Esorcista, si potrebbe dire che il film è "una volgare esibizione di violenza". Però non è soltanto questo. L'intento mi sembra che sia quello di scioccare lo spettatore con scene di violenza efferata, e di provocarne la reazione, in modo da giustificare la reazione più o meno volontariamente (ma oggettivamente) fascista del commissario Grandi nel finale. "Milano odia" è comunque un film che ha una sua logica, in particolare quella del protagonista, uno psicopatico bisessuale, forse impotente, individualista e assolutamente diabolico. Interpretato con la consueta perizia da Tomas Milian che stava affinando il personaggio che lo porterà prima ad interpretare prima il Gobbo, poi il Trucido e infine il Monnezza. Ovviamente Milian, doppiato da Amendola, non c'entra un piffero con Milano (lo danno addirittura nato a Sesto San Giovanni), ma si sbatte fino ad una scena madre finale quasi scespiriana. Henry Silva non mi ha mai granché convinto nelle sue incursioni nel poliziottesco, e qui lo fa meno che mai, poiché con la sua faccia da sfinge giustifica poco la reazione mediterranea che lo porta a rassegnare le dimissioni dalla polizia. Le scene d'azione - tra le quali un inseguimento automobilistico più volte riciclato - sono girate con la consueta maestria. In conclusione, si tratta di un film di genere che si lascia guardare senza il rischio della noia. Il grossetano Umberto Lenzi, uno che di tecnica ne ha da vendere, è sicuramente stato uno tra i due o tre migliori registi di questa fase del cinema italiano.
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