Regia di Ken Russell vedi scheda film
L'incontro fra il talento visionario straripante di Ken Russell e la rock opera epocale degli Who ha generato a metà degli anni settanta un musical coloratissimo dal forte simbolismo che ha fatto scuola nella concezione del videoclip e rappresenta ancora oggi un caleidoscopio indelebile della controcultura di quel periodo.
La parabola di Tommy è il percorso di un ragazzo nato sulle macerie della guerra e cresciuto in una condizione catatonica derivata da un trauma infantile: la sua cecità e il suo mutismo come l'incapacità di udire o avvertire ciò che gli gira intorno non sono altro che la piaga mentale di un incubo sospeso fra la memoria e il sogno, non un trauma fisico, le angherie e le violenze subite si ribaltano nel momento in cui la luce divina lo illumina restituendogli la sua personalità e consegnandolo alla pubblica gioventù sempre in cerca di rock star e messia religiosi, anche racchiusi in un'unica figura, la sua dottrina regolata dalla sensibilità pura e non dai sensi percettori lo condurrà però alla stabilità terrena e non al divismo per una massa ribelle e inevitabilmente legata a ciò che vede e sente.
Fin dalla pirotecnica overture si lanciano dallo schermo e gli speaker le immagini e i suoni impastati degli Who e Russell perfettamente in equilibrio, adattati gli uni per gli altri al fine di concepire un film scritto sulla musica e poi girato su di essa.
L’effetto ottenuto è una cosa completamente nuova, almeno per l’epoca in cui fu realizzato: si avvicina molto al videoclip ma non lo si può neanche definire tale perché Ken Russell compone un mosaico impreziosito dai suoi schizzi di magica follia senza lesinare martellate pesanti alla precarietà del nucleo famigliare e la religione capaci di condurre il giovane all’emarginazione mentale.
Mr e Mrs Walker concepiscono l’eroe della storia in cima ad una montagna che sembra sacra come il Sinai ma ben presto l’uomo viene richiamato alle armi per il secondo conflitto mondiale che se lo porterà via, nel frattempo la signora Nora Walker lavora ad una catena di montaggio per munizioni di grosso calibro e in questa scena si manifesta già il tocco surreale che fa di “Tommy” un film enigmatico e pieno di simboli: i grossi proiettili sono riempiti dalle palle d’acciaio utilizzate per i flipper e Mrs Walker appresa la triste notizia del marito scomparso sviene su un pavimento ricoperto da un letto di rotolanti bilie d’acciaio, un elemento che segnerà il suo cammino e soprattutto quello di Tommy che nasce proprio nel giorno di festa per la fine della guerra, “It’s aboy Mrs Walker It’s a boy” recitano i versi del brano che si posa su immagini aventi lo stesso colore e lo stesso sapore di quelle che Alan Parker produrrà per Roger Waters in “The Wall” qualche anno più tardi.
Mrs Walker porta Tommy non più infante al campo estivo e gli trova un patrigno dedito all’alcool e non certo ideale per colmare la lacuna, l’uomo ha il volto perfetto e la voce stonatissima di Oliver Reed, nonostante ciò la forte personalità di Reed è perfetta per traumatizzare Tommy a dovere in una notte da incubo che Russell assembla senza punti di riferimento: in apparenza sembra che il capitano Walker con il volto bruciato dalle fiamme sia dinnanzi alla fedifraga moglie e il suo amante che lo uccide sopendo la sua ira, ma potrebbe anche essere un incubo che Tommy ha prodotto ad occhi aperti e nel quale ha assistito a tutto, Ann Margaret comincia a dare prova di grinta e gran voce nel ruolo della madre, gridando “What about the boy?” decreta il trauma di Tommy in coro con il patrigno Frank “Non hai mai visto, non hai mai sentito, e per sempre dovrai tacere su ciò a cui hai assistito”.
Il forte simbolismo comincia a emergere dalla montagna che cela un cerchio rosso come il sole che diventerà una sfera luminosa nelle mani del capitano Walker, la palla d’acciaio del flipper e lo specchio in cui è imprigionato il Tommy che era, ancora padrone dei propri sensi.
“The amazing journey” è un esplosione di colori e immagini che trascina Tommy al di là dello specchio, verso l’isolamento totale, è un brano dalle sonorità spaziali, tipicamente Who ma anche barocche e progressive ed è proprio la voce di Pete Townshend, il creatore della rock opera, a colorare questo brano sopra un tappeto di immagini giroscopiche nell’occhio e dall’occhio di Tommy ormai presente solo con il suo corpo nel mondo reale mentre la sua mente vola nell’aereo del padre in mezzo a mille croci fra le stelle colpite dalla pallina di un flipper, il ragazzo è perso nella casa degli specchi e la sua mente inscatolata in un cubo di cartone.
Il Natale fra i bimbi festanti lo vede assente più che mai ed insensibile alle stimolazioni, “Tommy can you hear me?” è la frase ricorrente che gli viene domandata e la sua risposta è un lamento pronunciato dal profondo della sua anima “Guardami, Sentimi, Toccami, Curami”
La sua condizione si protrae fino all’età adulta, ora Tommy ha la chioma folta ed il volto inebetito di Roger Daltrey, ammirevole nel ruolo assegnatogli nonostante la differenza di soli tre anni con Ann Margaret, nella chiesa del culto di Marylin il primo ospite in scena Eric Clapton canta “Eye sight to the blind”, in questo segmento comincia ad esplodere la vena anticlericale di Russell già ampiamente sviscerata nel suo capolavoro maledetto “The Devils”, la predica di Clapton che avanza fra gli storpi e gli handicappati in una chiesa piena di statue della Monroe con la gonna svolazzante sembra deformata su un tratto della bibbia in cui Gesù Cristo fa miracoli guarendo i malati ma in “Tommy” il tutto ha l’immagine di un grande business: la religione è rock, la religione è un grande spettacolo per far soldi e tutto ciò rappresenterà in seguito il picco massimo del misticismo che illuminerà Tommy fino a renderlo un culto a sua volta.
Russell a questo punto ha già messo in mostra vari stili ed esplorato diverse situazioni, prosegue ora con cadenze da black comedy per narrare le angherie subite da Tommy da coloro che in apparenza dovrebbero affievolire la sua pena, c’è un fortissimo contrasto fra ciò che vediamo e come viene esposto: Frank per dare “sollievo” a Tommy lo conduce nella tana della regina dell’acido, “The acid queen”, una Teena Turner scatenata e completamente fuori di testa che da voce ad uno dei brani più potenti dell’opera per descrivere l’intervallo lisergico di Tommy, letteralmente iniettato dalle mille siringhe di una vergine di ferro da cui esce assuefatto come Gesù Cristo in una delle immagini più forti ma anche morbosamente geniali del film.
Il calvario prosegue con il cugino sadico nazista Kevin che lo maltratta come una pezza da piedi rendendolo vittima dei suoi giochi sadici, Paul Nicholas si ritaglia un breve spazio ma memorabile che gli varrà un ruolo anche più importante nel successivo “Lisztomania” di Russell; poi è il turno dello zio Ernie che ha il volto demenziale ed inquietante di Keith Moon lo storico batterista degli Who, noto per la sua follia creativa, veste i panni di un maniaco sessuale brutto e sdentato che usa Tommy per sfogare le sue pulsioni sessuali perverse.
Entrambe le sequenze trattano due temi molto spigolosi come la violenza e l’abuso sugli indifesi, o i minori per meglio dire, ma Russell mette tutto in farsa con il cugino Kevin che passa il ferro da stiro per asciugare Tommy steso sulla tavola di legno e stringe in primo piano sul suo viso animato dalla libido mentre si intuisce che lo zio Ernie “giocherella” un po’ con il suo pene.
La vita di Tommy sembra ormai destinata ad un oblio terreno ma al di là dello specchio è lui stesso a condursi in un cimitero delle auto dove un vecchio flipper lo illumina di immenso come la luce divina, come il miracolo della grotta a Betlemme l’avvenimento risuona fra i popoli e Tommy sembra baciato dall'onnipotente.
Il flipper diventa il mezzo di contatto fra Tommy e i giovani arrabbiati in cerca di un mito allo stato puro, e chi più di un giovane sordo muto e cieco che inanella punti su punti schiacciando i pulsanti con la luce divina.
La sfida per il primato mondiale con il campione di flipper è forse la sequenza più famosa e memorabile del film in cui Russell mette in coabitazione di tutto e di più con un montaggio frenetico fra gli score dei flipper, i musicisti, la folla impazzita e i due sfidanti: il brano “Pimball wizard” dal ritmo travolgente è cantato da Elton John che indossa un paio di Dr Martins mastodontici, in un teatro stracolmo di giovani liberi di impazzire di entusiasmo, come concesso dal copione, gli Who eseguono il pezzo in tempo reale mentre Tommy trita il suo avversario, è lui il vero “Mago del flipper” che gioca senza pietà guadagnando il trono di nuovo fenomeno popolare.
L’ascesa al ruolo di superstar riempie le tasche della madre e il patrigno di Tommy, Nora Walker è comunque l’unica persona sensibile al disagio di Tommy ma è travolta dalla ricchezza e soprattutto dal consumismo in una delle scene più deliranti girate da Russell con Ann Margaret che viene travolta dall’esplosione del televisore traboccante di bagnoschiuma, di champagne, di cioccolata e fagioli direttamente dagli spot televisivi, geniale e in anticipo sui tempi Russell ci da' un esplicito punto di vista sul vero utilizzo di questo bizzarro elettrodomestico ormai di dominio pubblico e a colori.
Nora ancora allucinata dal consumismo viene risvegliata da Frank, la ricchezza portata dalle imprese flipperistiche di Tommy potrà consentirgli di essere visitato da uno specialista. Jack Nicholson interpreta il dottore che canta con naturalezza la sua diagnosi sullo stato neurovegetativo di Tommy: il ragazzo è acceso a livello fisico e spento a livello psichico ma dal profondo della sua catatonia implora ancora “Guardami, Sentimi, Toccami, Curami” mentre sulla sua faccia sono applicati dei cerotti che sembrano le croci viste più volte in precedenza, paraocchi che sembrano palline da flipper e un indefinibile tappo alla bocca da cui partono dei fili collegati ad altri tappi sulle sue orecchie.
L’unico riflesso che Tommy produce è quello sullo specchio che continua a fissare, è a quel punto che Nora quasi per disperazione lo lancia contro lo specchio che infranto dalla sua immagine inerte lo catapulta verso una natura nuovamente viva come i suoi sensi: “I’m free” è il brano che risuona nelle orecchie grazie alla voce potentissima di Roger Daltrey, Tommy è finalmente guarito e Nora lo vede come un autentico messia che grazie al flipper ha raggiunto la beatitudine e deve diffondere il culto ai suoi giovani seguaci.
Al personaggio Tommy mancava solo la parola per diffondere la sua dottrina, Nora e Frank sono i suoi manager ed è proprio a questo punto che Russell e Townshend inchiodano al muro il loro messaggio, il brano “Sally Simpson” (che non a caso vede salire in cattedra la giovane figlia del regista) ha un ritmo travolgente ed è forse quello in cui sono compressi tutti i simboli e le metafore del film da cui estrapolare un insegnamento concreto: la piccola Sally è la figlia di un prete cattolico che lucida la sua Rolls davanti al monumento ai caduti su la cui aiuola la signora Walker aveva posto una croce, la ragazzina di ritorno dalla scuola vuole assolutamente andare al concerto messa del nuovo profeta del rock Tommy ma le viene vietato di farlo, l’unico suo messia possibile è il vecchio e caro Gesù Cristo come insegna e professa il padre che grazie alla sua dottrina si può permettere una Rolls e una casa di tutto rispetto.
La religione e il rock sono entrambi mezzi per far soldi e catturare le masse, differenze non ce ne sono: un poster e un'icona, una croce ed una spilla, una preghiera e una hit single, Tommy è tutto questo in una unica figura e Sally piange sul volto del suo idolo con la testa circuita da una aureola di palle da flipper nella cameretta tappezzata con le sue foto, getta il libro del padre fra le fiamme e fugge al meeting religioso dove Frank e lo zio Ernie fanno viaggiare il merchandising di Tommy prima dell’inizio dello show, l’ascesa al palco del nuovo messia con il suo microfono crocefisso scatena la folla che travolge la piccola Sally, la cicatrice sul suo volto rimanda al capitano Walker sfigurato dal fuoco e segna il ritorno al vecchio e più radicato culto professato del padre che l’aspetta all’altare per congiungerla al suo promesso sposo Frankenstein.
La sentenza è arrivata, come se negli altri segmenti non ce ne fossero state, ma Russell è ormai al rush finale e un qualche punto di vista può anche concederlo, lo fa nella maniera più brutale possibile quando il culto di Tommy ha generato il suo personalissimo Holyday Camp come in un cerchio ricorrente in tutto il film: seguaci da ogni dove si inchinano alla sua dottrina impartita indossando gli occhiali neri e lo strano ammennicolo con i tappi che altro non è se non il simbolo della dissociazione dalla realtà e dal dovere che ogni giovane si mette in faccia volente o nolente ma non per tutti la crescita è un trauma, il flipper è solo un giocattolo per la transizione all'età adulta e non un rosario da sgranare.
La ricerca della sensibilità senza sensi non ha senso e in “We’re not gonna take it” i seguaci non ci stanno, il cimitero delle auto dove Tommy ha visto la luce si trasforma prima in un anfiteatro di palline celle d’acciaio giganti dove giocare a flipper e poi il luogo della ribellione al culto di Tommy e a Tommy stesso e i suoi collaboratori, Mrs Walker e Frank vengono fatti fuori sotto gli occhi di Tommy ed è qui che il messaggio finale si concretizza: la maturità, l’autonomia e forse la luce divina sulla montagna da dove tutto è iniziato si può raggiungere solamente da soli, con dolcezza o come in questo caso con un atto violento ed estremo, il taglio con le figure materne e paterne deve essere eseguito, ora Tommy è davvero libero e ascoltando la luce sente la gloria e vede la storia.
La mia analisi non va presa esattamente come una recensione ma più come una interpretazione, una direzione, o una chiave di lettura per una delle opere rock più complesse e aperte mai realizzate: la scelta di averla consegnata nelle mani di un maestro della fantasia filmata come Russell è stata giustissima e inevitabile, è come se l’album lo abbia ingaggiato e il regista abbia scelto la sua strada per metterlo in immagini aggiungendo il passaggio obbligatorio della scrittura che però si avverte essere solo una agevolazione per metterlo in atto.
La forza di Tommy sta proprio nel fatto che mettere in immagini la musica è un processo che non ti impone di dare dei contorni ben definiti e Russell c’è riuscito alla perfezione visto che chiunque lo osserva potrà carpire messaggi differenti da quelli che ho assorbito io a seconda della propria percezione della religione, della musica, della reazione alla violenza e al trauma, alla propria ottica della vita.
Allucinazione ma anche capolavoro di amalgama fra musica e immagini.
E' la sceneggiatura del film, l'album è la prima vera opera rock della storia della musica, almeno di grande successo di pubblico e ancora oggi non ha perso una semicroma della sua potenza.
E' e resterà per sempre un regista unico ed inimitabile, gli anni settanta sono un territorio in cui dominava non solo la scena britannica.
Genio.
Non è un caso che le valse una candidatura come miglior attrice agli Oscar 1976: la sua bellezza non si discute ma oltre a dare una prova fortissima di attrice evidenzia la dote per la quale George Burns la scoprì cioè il canto.
Le furono affidati diversi brani importanti e la sua voce squilla potentissima, molto brava.
Stonato e incapace a cantare ma Oliver Reed è perfetto nel ruolo del patrigno farabutto di Tommy, la sua voce sgraziata favorisce il carattere del personaggio.
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