Regia di John Fawcett vedi scheda film
Per nulla trascurabile. Il film, oltre ad un ottimo Kris Lemche (come sempre il '78 insegna), propone una variante sulla licantropia davvero piacevole da vedere e interessante da seguire. Per prima cosa l'"ambient" in cui ci porta il regista è creato ad hoc per generare disagio nello spettatore. Case tutte uguali, una certa piattezza nell'aria, nei rapporti umani, nel clima e nel paesaggio, per non parlare dei continui riferimenti alla morte (con degli ottimi titoli di testa) che veramente ci portano lentamente e con efficacia all'interno di una favola: una favola horror. In secondo luogo, ma principale in termini di economia della storia, il morboso rapporto tra le due sorelle, che in più occasioni rasenta l'omosessualità, se non ancora più audacemente, l'anelito a godere di se stessi rappresentati nell'altro, di cui però si brama la morte. Il film ci propone il suicidio, che van tanto cercando le due protagoniste, come un vero e proprio atto sessuale con se stessi. E se Brigitte (la più piccola), si riflette in Ginger (la più grande), e viceversa, allora è come dire che il desiderio sessuale è rivolto ad una proiezione di loro stesse. Quindi non tanto una semplice masturbazione, quanto un vero rapporto sessuale completo. E per completezza non intento la penetrazione, quanto la consenzienza dei due corpi.
In terzo luogo è notevole nel film la presenza/non-presenza del lupo mannaro. Il primo attacco è descritto eccezionalmente. Il mostro non viene quasi mai inquadrato del tutto, e il montaggio rapidissimo ce lo regala a pezzi minuscoli e solo minimamente percettibili. La resa è grandiosa considerando la piccola produzione. Il regista inoltre, sa come giocare con la macchina da presa, cosa inquadrare e cosa non inquadrare, e come inquadrarlo. Alcune sequenze, con la camera che si curva e si piega come ubriaca, ci aiutano a vedere la vicenda come un incubo incasellato nel dolce paesaggio della provincia bene e pulita.
Il finale poi ci regala una scena fulciana come in "Zombi 2", dove l'orrore c'è ma rimane fuori, e si riflette piuttosto nella grammatica peculiare di quello che ci è permesso vedere. Si vede che dietro il progetto c'è una precisa consapevolezza del genere, e allo stesso tempo una voglia di originalità, o se non proprio, almeno di voler creare un prodotto per nulla commerciale.
Il parallelismo tra la trasformazione licantropica, con quella puberale, non è cosa nuova, ne tanto meno un'invenzione geniale. Lo sono, invece, tutte le pulsioni sessuali e autodistruttive di tanta maladolescenza, dalla quale tutti siam passati, e per la quale, credo ancora tutti, lamentiamo la separazione.
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