Regia di Mario Martone vedi scheda film
Carlo ama la moglie Silvia, ma il legame è platonico. Invece brucia di desiderio per Lù, molto più giovane. Non è il solito triangolo marito-moglie-amante, perché Carlo a Silvia dice tutto, e lascia che lei sia corteggiata da altri. Lù, dal canto suo, sa e non interferisce, anzi finisce addirittura per amare l’idea che dell’altra donna si è fatta ascoltando Carlo. Un misterioso corteggiatore entra però nella vita di Silvia, lasciata sola in una grande casa romana. È un fascista con il culto della forza, che non vedremo mai ma di cui da un certo punto si comincia a percepire la presenza. Silvia è innamorata? Semplicemente attratta nonostante una parvenza di frigidità («Sai che non mi piace fare l’amore»)? Poco importa, perché il tormento di Carlo è senza se e senza ma. Divorante. Tratto dall’omonimo romanzo di Goffredo Parise, pubblicato postumo, L’odore del sangue riporta dietro la macchina da presa uno dei nostri migliori cineasti, purtroppo assorbito quasi a tempo pieno dal teatro. Un testo difficile e grezzo, con il quale l’autore dichiara di avere ingaggiato un corpo a corpo; l’eventualità di uscirne più o meno sconfitto poteva non essere remota. Rispetto al cronenberghiano L’amore molesto, questo film non trova l’equilibrio tra l’impianto concettuale della messa in scena e la visceralità del melodramma. Un mélo che si pone da subito come intellettuale, che gioca con i corpi come un “quadro” di Michelangelo Antonioni, e che certo sa impregnare le sequenze di fantasmi e misteri. I suoi momenti migliori sono quelli più liberi e meno sottoposti alla calcolata geometria dei sentimenti. Ad esempio: i personaggi sono sì definiti rigidamente (il rapporto tra Carlo e Lù dominato dai gesti e dalla fisicità; quello tra Carlo e Silvia dalla parola, dal “telefono”, quindi dalla lontananza) eppure ci sono atti e sguardi che contraddicono lo “schema”, come quella mano ricolma d’amore che Lù passa tra i capelli di Carlo dopo il loro furibondo litigio. Momenti che non ti aspetti, spiazzamenti “molesti” che però lo sviluppo della vicenda e il suo epilogo tragicamente (o forse provocatoriamente) repentino, pongono in secondo piano. La verità è che L’odore del sangue è un film irrisolto che però rimane aperto, non tanto nella sua successione narrativa, abbastanza rispettosa delle “fasi” del romanzo, quanto nel suo “corpo a corpo” con lo spettatore. È ricco di cose belle e importanti, a partire dal lavoro strepitoso degli (e con gli) attori: Michele Placido, Fanny Ardant e Giovanna Giuliani sono coraggiosi e in uno stato di continua tensione, fisicamente percepibile da chi guarda. Ma è anche un film dal quale aspetti sempre di essere travolto, vanamente.
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