Regia di Mario Martone vedi scheda film
Un film, questo, difficile, e in alcuni punti ostico, ma in generale l'ho trovato buono. Buona la costruzione di certi stati d'animo, buona la psicologia di Carlo e Silvia, i due coniugi protagonisti. Buono lo stato d'ansia che pervade Carlo, a poco a poco, man mano che si rende conto di stare perdendo, e in fondo di non conoscere, la vera natura della moglie. Carlo e Silvia sono una coppia aperta, che vivono le proprie storie extraconiugali in modo sincero, senza segreti, ma anzi condividendo anche in maniera troppo schietta, particolari intimi delle loro storie, che perciò non si possono definire tradimenti. Soltanto che Silvia, inaspettatamente si invaghisce di "un ragazzo", molto più giovane, violento, con il culto della forza, fascista, che la introduce in ambienti a lei poco consoni, ma che iniziano ad affascinarla più del dovuto. Carlo si rende conto, da un'espressione sul volto della moglie, di soddisfazione, che la storia è molto più importante di quello che lei vuole fare intendere. Da questo momento di consapevolezza, Carlo cerca di recuperare il rapporto con Silvia, disposto anche a rinunciare alla sua storia con Lù, anche lei più giovane e di estrazione sociale differente, pur di riavere la moglie che per tanti anni aveva messo su un piedistallo, che pensava perfetta, pronta comunque ad amarlo come sempre. Ma Silvia è cambianta, la vertigine che questa nuova storia le ha donato, non la sazia mai, ma anzi chiede ed ottiene di poter vivere la sua storia come vuole, cercando una sofferenza, una "deviazione" che fino ad allora non aveva mai provato. Il finale è improbabile, e un po' azzardato, ma forse ritenuto necessario per non ipotizzare nessun tipo di ritorno da parte di Silvia, che troverà una morte violenta sui bordi di una strada, nelle vesti di una prostituta. Belle le scene di Carlo quando cerca nei suoi ricordi di inviato di guerra, per poter scrivere il suo libro, che l'ha tenuto lontano (forse troppo) dalla vita a lui più vicina. Infatti la mdp si sofferma su piccoli partcioari della stanza come una lampada, la sedia, la finestra, quasi a dirci che la mente ti porta lontano, ma le cose che hai vicino sono altre e più semplici. Mi è piaciuta anche la Fanny Ardant, che risultava fuori posto e a disagio sia nelle vesti della moglie aperta ed emancipata, sia nell'amante del giovane fascista (che non si vede mai), forse proprio perchè un suo ruolo in questa storia non l'aveva. Alcune scene e alcuni dialoghi risultano forse un po' troppo forzati, ma in effetti anche la storia lo è.
Sempre buona e attenta, racconta la vicenda in una Roma, appena accennata, di salotti buoni e di una borghesia un po' finta. Accentua molto i contrasti tra i vari stati sociali che sussistono: la ragazza di campagna come rifugio, i giovani fascisti come deviazione e violenza, Silvia vista come casa e sicurezza, che si sgretola quando viene a conoscere un'ambiente che fino ad allora non aveva mai incrociato.Carlo che cercava di esorcizzare la sua vicenda di inviato di guerra scrivendoci un libro, che viene investito dalla solitudine e dall'abbandono di quello che lui pensava fosse la sicurezza, la certezza del futuro.
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