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Fanny & Alexander

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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Carlo Ceruti

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La recensione su Fanny & Alexander

di Carlo Ceruti
10 stelle

Secondo me è uno dei più grandi capolavori della storia del cinema. Solo pochi registi sono riusciti così genialmente e lucidamente a rappresentare l'esistenza stessa in un film, con tutte le sue sfaccettature ed i suoi misteri. E lo stile, talvolta metaforico della pellicola, rendono il film, se possibile, ancor più realista ed attendibile.
Inizia mostrandoci il Natale di una famigliola svedese e borghese dei primi del novecento, che si compone di una nonna, dei suoi tre figli e dei vari nipotini. Due di questi sono i fratellini: Fanny e Alexander. Sembra, inizialmente, una riedizione svedese di "Amarcord". I colori, i canti, le luci, la familiarità delle situazioni, danno l'impressione che Bergman non voglia far altro che cullarsi nei suoi piacevoli ricordi infantili. Ma presto Fanny e Alexander perdono il padre e si ritrovano come patrigno un sadico e violento sacerdote luterano, che ha già perso una moglie e due figlie ed Alexander afferma persino d'aver visto il fantasma della moglie dirgli che l'assassino è proprio il sacerdote (ma sarà vero? Risposte il regista non ne da!). Come se non bastasse, Alexander è tormentato dalle visioni del suo vero padre (ma è uno spettro o un riflesso della sua coscienza?). Infine i due fratelli sfuggono al tremendo patrigno e si rifugiano nella casa di un loro amico rabbino. Lì Alexander si perde all'interno della casa ed incontra un essere rinchiuso a chiave in una stanza, che pare saper di tutto di lui e pian piano lo conquista intimamente, fino a capirne i più atroci desideri (è la sua coscienza quest'essere? Il suo io più intimo, che le convenzioni c'invitano appunto a tenere rinchiuso per omologarci?).
Le tre ore del film scorrono piacevolissimamente, le scene intriganti abbondano e Bergman fa compiere allo spettatore uno spettacolare lavoro mentale, che non fanno altro che tenerlo desto ed attento, in attesa di nuovi particolari per comporre il puzzle finale.
Credo che interpretarlo completamente sia impossibile, ma che fosse la sua ininterpretabilità la chiave stessa dell'interpretazione? Che il regista abbia voluto mostrarci la vita stessa nuda e cruda, con tutti i suoi misteri e le sue ambiguità, facendo così in modo che lo spettatore debba ingegnarsi ad interpretare il film come interpreta la vita stessa? Che il regista voglia far prendere atto allo spettatore che ci sono dei misteri inspiegabili che dominano l'esistenza e che null'altro che il pensiero soggettivo possono svelarne il significato, dato che la scienza è limitata? E allora cosa sono quei morti che il piccolo Alexander continua a vedere? Spettri o riflussi della sua coscienza? E' stato veramente il pastore luterano ad uccidere la sua famiglia, o Alexander s'è inventato tutto? E quell'uomo strano che pare non aver sesso che Alexander trova rinchiuso in una stanza. Cos'è il suo io? La sua parte malvagia recondita? O un altro parto della sua coscienza? E quel viaggio che compie Alexander nella casa del rabbino. Che fosse un viaggio all'interno della sua mente intricata. Anzi no, forse un'esame di coscienza, un viaggio dentro di sé, che lo portano addirittura a vedere Dio. Un Dio che gli si mostra come un gigantesco pupo a fili mosso da un burlone, ma che forse rappresenta la strumentalizzazione di Dio da parte dell'uomo per i suoi fini. O forse il pupo a fili, nelle sue gigantesche dimensioni, non rappresenta altro che il timore che gli uomini hanno della sua immagine. E Fanny che ruolo ha? E' una bambina piccola e silenziosa che segue fedelmente il fratello e spesso sembra rimanga sullo sfondo. Quasi non si nota. Ma, se si fa attenzione, lei pare a conoscenza di tutti gli intimi segreti e sentimenti di Alexander, come se anch'essa fosse una parte di lui, quasi un angelo custode. E' lei ad indicargli lo spettro del padre che s'aggira per la casa subito dopo la morte dello stesso. Ed anche se lei parla poco, è consapevolissima di tutto ciò che gli accade intorno. Quello di Fanny, è un ruolo molto simile a quello della nonna che, nella sua serena e placida tranquillità, sembra tenere le fila di tutta la famiglia e sapere tutto quello che avviene all'interno di essa. Ed il sacerdote luterano? E' veramente un pazzo sadico o solo un uomo debole che cerca di conquistarsi con la forza l'affetto di chi gli sta intorno e di cui pare non poter fare a meno?
Alla fine si ha una sconsolante impressione di niente. Di un vuoto. Ma non è questa la vita? Non è essa un mistero inesauribile che il pensiero soggettivo deve cercare di svelare? Non è essa dominata da forze che la scienza non spiega? Non è essa colma di volti, sensazioni, sentimenti e quant'altro di cui non esistono universali regole di valutazione? Ed è proprio questo lo scopo del regista, farci vedere nel film ciò che il nostro io ci suggerisce. Difatti chiude il film con la frase:
"Tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile. Il tempo e lo spazio non esistono, l'immaginazione fila e tesse nuovi disegni".
Capolavoro assoluto.
Tabellino dei punteggi di Film Tv ritmo:2 impegno:4 tensione:3

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