Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
La versione cinematografica di 180 minuti circa, è leggermente (e generalmente) sopravvalutata, e non credo possa essere considerata un capolavoro al livello, fra gli altri, de “Il settimo sigillo”, “Il posto delle fragole” o "Sussurri e grida". Il film alterna numerosi momenti sublimi ad altri meno felici. Tra i primi ascriverei tutta la prima parte fino alle potentissime scene dell’agonia-morte del padre (di terrificante e insuperabile intensità), quindi la "parentesi" della prigionia dei ragazzi nel vescovado, di chiara ispirazione “dreyeriana”, contraddistinta dal magnifico e odioso personaggio di Vergerus, caratterizzato dalla maschera realmente "saldata a fuoco" di Jan Malmsjo. Mentre tra i secondi indicherei l'ultima mezzora (invero deboluccia nei modi dell'avvio a lieto fine di quasi tutti gli alterni percorsi degli Ekdal), i bozzetti poi completamente trascurati di zio Carl e moglie tedesca, la figura sostanzialmente macchiettistica dell’amante ebreo della splendida nonna-patriarca, e la vicenda di stampo felliniano della cameriera Maj (ragazza madre di fantasiosa spensieratezza ferma nella decisione di rifiutare una pasticceria "in regalo"). Si nota in definitiva una certa discontinuità nella costruzione narrativa, dovuta fisiologicamente alla riduzione cinematografica dell'originaria versione televisiva (era stata pensata strutturata e realizzata per la TV), e di conseguenza l’affresco, ricco di personaggi ed eventi, non riesce sempre a svelarsi con adeguata fluidità e tenuta del ritmo. Detto questo, e nonostante sia un final cut quasi dimezzato nella sua durata, rimane senza alcun dubbio un’opera filmica di grande valore, densa di sequenze indimenticabili, ove l’espressività figurativa e le doti stilistiche di Bergman emergono in maniera limpida ancora una volta (l'ultima su tali vertici estetici).
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