Regia di Alfonso Brescia vedi scheda film
La deriva in chiave grottesca del genere mitologico e del peplum passa tra la mani di Alfonso Brescia, prolifico cineasta in grado di realizzare opere diventate di culto più per i titoli che per il risultato. Cose tipo: La bestia nello spazio ed Elena sì... ma di Troia.
Roma imperiale (I° secolo d.C.). Il donnaiolo Ottone (Don Backy) e l'amico Savio (Piero Scheggi) sopravvivono di espedieni raggirando e truffanfo il prossimo sino a quando, scoperti, finiscono per essere condannati ai lavori forzati, sotto vigile controllo dei centurioni. Dopo una rocambolesca fuga, i due riescono a disperdersi raggiungendo il centro di Roma. Qui Ottone incontra Poppea (Femi Benussi), moglie ninfomane di Nerone (Vittorio Caprioli), diventando in breve tempo il suo amante preferito, mentre l'altrettanto disinvolta Agrippina (madre di Nerone) socializza con Savio. Costretti a combattere come gladiatori, Ottone e Savio involontariamente salvano la vita a Nerone, venendo di conseguenza trattati come eroi sino a quando Ottone scatena la furia dell'imperatore per aver disprezzato - mentre giace a letto con Poppea - le sue scarse doti poetiche. A quel punto, a capo di un esercito, i due partecipano alla guerra d'invasione turca, spingendosi sino alla Cappadocia.
"Puttana o imperatrice, una donna è sempre una donna."
(Poppea)
Come ogni genere cinematografico italiano giunto al declino, pure i mitologici e i peplum - prima di cedere spazio al western - vengono trattati in chiave parodica, in tal caso sfruttando anche la recente apertura (fine anni '60) della censura verso il nudo e l'erotico. I personaggi di Messalina e Poppea (storiche prostitute che, grazie alla loro avvenenza e alle capacità seduttive, hanno saputo conquistare un posto di rilievo presso i potenti) diventano un punto di riferimento per questo nuovo sottofilone. Nel 1969, ad esempio, Guido Malatesta realizza Le calde notti di Poppea, uno dei primi esemplari deviati in versione erotico-comica che fa ricorso ad attori, costumi e scenari tipici del peplum. Più o meno lo stesso obiettivo è quello che si pone in questa circostanza Alfonso Brescia, regista che aveva esordito proprio dirigendo alcuni mitologici (La rivolta dei pretoriani, Il magnifico gladiatore e Il conquistatore di Atlantide) e che, con questo Poppea... una prostituta al servizio dell'impero, torna alle origini però con intenzioni semiserie, per non dire grottesche. Da una storia di Mario Amendola, Brescia, assieme a Vittorio Vighi, scrive quindi una sceneggiatura che tira in ballo i personaggi più noti del tempo, tra i quali persino Tigellino, interpretato da Renato Rossini (Howard Ross) [1]. In ruolo piccante, ma in scene oggi ben poco audaci e per nulla d'effetto, la bellissima Femi Benussi dà corpo al personaggio del titolo, mentre Eva Czemerys interpreta con eleganza la parte della "Vergine di Cappadocia".
Le potenzialità per un'opera che potesse aspirare a conquistare una buona fetta di pubblico ci sono tutte, ma destinate a restare solo sulla carta. Brescia non riesce a gestire con sufficiente cura l'andamento del film, che finisce per essere ripetitivo e poco riuscito. Non fa ridere, non è minimamente erotico e l'intreccio storico (compreso l'incendio finale di Roma), noto e stranoto, è messo in scena senza particolari attenzioni, anzi quasi svogliatamente. Maggior limite di Poppea... una prostituta al servizio dell'impero è forse la presenza nel ruolo dei protagonisti di due attori poco simpatici e per nulla in grado di farsi apprezzare, a cominciare dal cantante Aldo Caponi (Don Backy) [2]. Si salva il sempre eccezionale Vittorio Caprioli nei panni di Nerone, qui rappresentato come un bambino mai cresciuto e viziato, smemorato e svanito, con aspirazioni poetiche irraggiungibili (i due o tre momenti in cui declina versi scombinati sono la cosa migliore del film). Conclusione in linea con la poco fine e per nulla ricercata ironia che percorre il lungometraggio senza mai emergere: mentre Nerone esultante assiste all'incendio di Roma, il regista punta l'obiettivo della macchina da presa spostandosi dal generale al particolare, ovvero dalla città in fiamme al culo della Benussi che diventa rosso e, lentamente, brucia pure lui. Ottone salva le chiappe all'attrice per portarsela poi sotto alle coperte. Così, mentre Poppea scopa e Roma va in cenere, Nerone medita d'incolpare i cristiani, come responsabili del devastante incendio.
Citazione
"Roma è già stata colpita da incendi dodici volte. Così i romani saranno contenti: avranno la tredicesima!"
(Nerone)
NOTE
[1] Indimenticabile caratterista che all'epoca era già stato coinvolto (anche in fotoromanzi) nelle derive apocrife tricolore di Tarzan, nonché presenza fissa in molti film su Ercole, Sansone, Maciste e Ursus.
[2] Scoperto e lanciato da Adriano Celentano, componente del "clan milanese" e autore di alcune canzoni cantate dal molleggiato, dopo una serie di brevi apparizioni in pellicole comiche (Il monaco di Monza, Cleopazza, Super rapina a Milano), sul finire degli anni '60 e sino alla metà del decennio successivo compare spesso come protagonista in una serie di film erotici e sexy di scarsa qualità, oggi a ragione del tutto dimenticati (Satyricon, Una cavalla tutta nuda, Le calde notti del Decameron, Quando le donne si chiamavano Madonne, Elena, sì... ma di Troia, Amori, letti e tradimenti).
Poppea... una prostituta al servizio dell'impero (Alfonso Brescia, 1972) - Titoli di testa
F.P. 13/03/2022 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 91'10")
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