Regia di Mario Bava, Alfredo Leone vedi scheda film
Il valore numerico di un film o un semplice aggettivo non sempre sono in grado di racchiudere in sè in modo conciso e lapidario l'esaustività di un giudizio di un film, perchè risulta difficile quantificare il valore di un'opera e Lisa e il Diavolo di Mario Bava (1973) rappresenta appieno tale difficoltà. Dopo i fasti degli anni 60' (seppur a-posteriori a livello critico qui da noi), Bava era incappato in una serie di progetti dallo scarso progetto al botteghino e sopratutto in produzioni sballate, dove pur partendo con le migliori intenzioni, alla fine delle riprese si ritrovava a dover sottostare a compromessi e vedere in fase di post-produzione le proprie pellicole smontate e rimontate, con Lisa e il Diavolo Bava sembra cautelarsi preventivamente, riuscendo ad ottenere carta bianca ed in effetti le riprese filano liscio, ma sfortuna vuole che al momento della presentazione del film a Cannes, l'opera viene accolta male e non riesce a trovare un distributore, così viene messa in naftalina dal produttore Alfred Leone (con la cui collaborazione Bava tocca il punto più basso e tormentato della sua carriera), per poi venire devastata qualche anno dopo a seguito dell'enorme successo dell'Esorcista di William Friedkin (1973), da cui venne l'ispirazione di aggiungere scene di possessione tramite nuove riprese da parte dello stesso produttore e di Lamberto Bava nuove sequenze di esorcismo, più scene di nudo di Elke Sommer e nuovi personaggi come il prete, programmandolo al cinema con il titolo La Casa dell'Esorcismo ed inutile dire che ne è uscito un pasticcione disomogeneo e confuso, con scene che poco hanno a che fare tra loro tanto che per noia ho abbandonato la visione a circa 50 minuti e sinceramente non so e avrò mai voglia di rivederlo un giorno. Mario Bava aveva sempre considerato Lisa e il Diavolo tra i suoi film preferiti perchè aveva avuto totale libertà creativa, purtroppo per poterlo vedere nella concezione del regista, abbiamo dovuto attendere circa 30 anni, seppur alla fine la visione ne risulta compromessa da un montaggio non curato dal regista e basato in parte sui suoi appunti, pur iniziando con dei pregevoli titoli di testa di ottima fattura, tramite le carte che svelano i nomi degli attori del film.
Quel che possiamo dire di Lisa e il Diavolo (oltre al fatto di essere ovviamente superiore alla Casa dell'Esorcismo), è che Mario Bava finalmente stava esplorando nuovi territori in ambito horror cercando di distaccarsi da canoni gotici da lui stessi fondati ma oramai anacronistici negli anni 70', per virare su territori esplicitamente onirici con situazioni shock. La scena iniziale in cui Lisa (Elke Sommer) fissa un affresco del diavolo che trascina i morti è l'unico aggancio alla realtà di una pellicola che vira subito verso l'onirico quando la donna vede in un negozio un uomo di nome Leandro (Terry Savalas), maggiordomo per un'anziana contessa (Alida Valli), avente le stesse fattezze del diavolo visto nel dipinto, mentre l'uomo note che Lisa ha una evidente somiglianza con Elena, una nobildonna morte da anni e quindi decide di attrarla nel palazzo dell'anziana contessa in cui presta servizio.
L'incipit interessante conduce ad un finale di ottima fattura, ma il percorso con cui ci si arriva è molto difficoltoso, meccanismo e sconnesso; le incongruenze e le forzature sono spiegabili alla luce del labirinto mentale in cui il diavolo ha confinato Lisa, la quale si ritrova a vagare in questo palazzo in stile barocco, tra inquadrature colme di simbolismi da parte del regista e un'atmosfera sempre più irreale, dove la logica è del tutto abbandonata a favore di immagini allucinate, cominciando dal fatto vi vivere (o meglio rivivere), la morte delle varie persone che le sono accanto, come fossero manichini retti da chissà quale burattinaio tramite dei fili che ri-animano la loro esistenza, finchè non verranno tranciati senza pietà facendo collassare su sè stessi i corpi/marionetta, perchè il burattino in fondo non è altro che una mera copia fisica senz'anima di un essere umano. Il montaggio non curato da Bava in persona, presenta sconnessioni e dei tempi morti nel dipanarsi della narrazione, con scene fin troppo ermetiche nel loro possibile significato complice l'appunto la mancanza del final cut del regista, ma il film risulta senza ombra di dubbio un ritorno di Bava in buona forma nell'ambito orrorifico, con scene morbose come il rapporto sessuale con Lisa svenuta con venature di necrofilia ed il risveglio della donna in un giardino-bosco che ha divorato tutta la casa immergendola in un verde alienante, come se le radici avessero dato vita a tutto ciò che abbiamo assistito, attingendo ai ricordi del passato. Lisa e il Diavolo non è un film facile, abbastanza imperfetto e di difficile codificazione, complice anche le travagliate vicissitudini post-produttive, però per gli estimatori del regista è un'occasione per colmare una lacuna di circa 30 anni, dando nuova possibilità ad un film che può piacere come dire poco, ma sicuramente non lascerà indifferenti.
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