Regia di Joe Carnahan vedi scheda film
Il film è solido, asciutto, ben interpretato, serrato, non annoia e non infastidiscono certe svolte narrative fin troppo programmatiche (il rapporto tra Liotta e la moglie del poliziotto ucciso).
La trama per niente scontata, che si basa sul "canovaccio Rashomon" - intendendo con questo lo stesso episodio raccontato da diversi punti di vista - adottato in parte anche nei Soliti sospetti si regge su un montaggio serrato e su immagini che a momenti sembrano uscite da un videoclip (si vedono anche split screen e quattro riquadri contemporaneamente) e in altri frangenti sembrano girate da un Tarantino infreddolito (Detroit è più a nord di Toronto e molto più a nord della Los Angeles tarantiniana).
Jason Patric, attore molto sottovalutato, dall'aspetto maledetto e dall'attitudine da perdente, ma che non ha niente da invidiare a fighetti come Keanu Reeves e Brad Pitt (per non parlare di Leonardo Di Caprio), è un nuovo Serpico che si trova, suo malgrado, a scontrarsi con il marciume della polizia di Detroit (una parte non dissimile da quella già interpretata, molto bene, nel misconosciuto "Effetto allucinante" del 1991), città nella quale non si riesce più a capire da che parte sta il "bene" e da quale sta il "male", incarnati ormai nelle stesse persone.
Accanto a Patric si muove, come un rullo compressore, un Ray Liotta che con gli anni ha acquisito chili ed espressività, un altro attore che non ha avuto una carriera all'altezza delle attese suscitate dalla sua straordinaria prestazione in "Quei bravi ragazzi" (1990) di Scorsese.
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