Regia di Mario Bava vedi scheda film
Il meglio del cinema di Mario Bava è nella decade degli anni 60', decennio nel quale il regista evidentemente aveva più voglia o più inventiva nello sperimentare con la macchina da presa e trovare soluzioni tecniche per mascherare la povertà del budget e far dimenticare allo spettatore la labilità delle storie narrate, puntando molto sull'aspetto visivo, ottenendo risultati eccellenti ed in grado di competere con le coeve pellicole straniere di genere sia inglesi che americane.
Negli anni 70' indubbiamente il suo modo di fare cinema è in una fase di stanca abbastanza visibile e ai botteghini non andava molto bene (neanche in questo caso il box office nostrano gli sorriderà, di contro il successo negli USA sarà più che buono), anche se c'è da dire che gli ultimi suoi lavori hanno sofferto spesso di problemi produttivi, specie in fase di montaggio come nel caso degli Orrori del Castello di Norimberga (1972), con cui il regista torna all'horror gotico dopo anni di lontananza, ma non sempre il ritorno alle origini è una garanzia di qualità, potendo benissimo segnare come purtroppo avviene in questo caso, una delusione immensa dal punto di vista artistico. Partendo dal titolo senza alcun senso ,perchè il film è ambientato a Vienna in Austria e Norimberga neanche viene citata di sfuggita nel film, ci ritroviamo innanzi ad un tardo horror gotico che ripesca tutti gli stilemi delle pellicole precedenti Baviane ed unendole in un calderone narrativamente confuso e visivamente poco accattivante.
Gli zoom e la macchina a mano abbondano, ritorna la tanto cara impiccagione vista ad esempio in Reazione a Catena (1971), la scala a chiocciola presente in Operazione Paura (1966) e i buchi derivanti dagli spuntoni di una bara come a richiamare quelli presenti sulla faccia della strega interpretata dall'indimenticabile Barbare Steele nell'esodio del regista la Maschera del Demonio (1960), purtroppo manca quasi del tutto una narrazione accettabile ed una forte idea visiva che aveva innalzato qualitativamente i precedenti lavori del regista.
E' un film anni 70', ma invecchiato molto male, infinitamente di più delle opere di qualità anni 60' del regista che hanno resistito molto bene allo scorrere del tempo, mentre qui Bava guarda al passato quando oramai il genere stava andando in tutt'altra direzione sia in america con l'orrore immerso nel quotidiano e sia con i coevi thriller/horror di Argento e Fulci, visivamente più aggressivi e al passo con i tempi, quindi l'opera di Bava risulta un film stanco e fuori tempo massimo, anche perchè lo stesso regista oramai aveva sfruttato e risfruttato il genere in vari modi e con ben altri risultati nel decennio precedente. La storia di questo barone Von Kleist (Joseph Cotten) risorto dalla morte tramite una formula recitata dal suo discendente Peter Kleist (Antonio Cantafora) e Eva Arnold (Elke Sommer), andando in cerca di vendetta scagliandosi contro qualunque persona gli capiti a tiro, è già risaputa e pare in fin dei conti in certe dinamiche una versione povera e ammuffita della Maschera del Demonio, specie in taluni deja vu come in certi effetti speciali o anche nel finale; certo i tagli in fasi di montaggio sono stati sconclusionati e hanno reso il film peggiore di quello che poteva essere, presentando problemi notevoli sul piano del ritmo e delle azioni dei personaggi, ma è anche vero che i dialoghi sono sconclusionati (e lì è colpa della sceneggiatura), certe scene sono mal concepite quanto pessimamente recitate (i due protagonisti dovrebbero avere un atteggiamento irriverente quando leggono la pergamena risvegliando il barone perchè non credono al soprannaturale, ed invece l'effetto è involontariamente comico nella recitazione di entrambi), le location oramai sono ripetitive e sopratutto viene ciccato malamente il design del barone sanguinario che dal trucco sembra il sacchetto della spazzatura dell'umido vestito da zorro che và in giro ad ammazzare gente a caso; certo, Bava emerge in un paio di omicidi e nella sequenza di fuga di Eva dal castello e poi nelle vie della città ricoperte di nebbia, dove s'intravede finalmente la mano di un regista talentuoso che si ricorda in quel momento di creare un'atmosfera di tensione e paura, con pochi mezzi a disposizione, ma tanta inventiva tecnica, ma resta un guizzo nel mare di una storia mediocre e di una regia pigra e stanca, forse giunti oramai a 60 anni di età, Bava avrebbe dovuto abbandonare definitivamente la sua confort zone o comunque aggiornarsi alla contemporaneità, perchè se prima era l'avanguardia, nel 1972 sembrava vecchio oramai di oltre 20 nella concezione cinematografica.
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