Regia di Anne Riitta Ciccone vedi scheda film
Un film che racconta, rappresenta il teatro della memoria, trasforma un personaggio in un eroe tragico come in più di una intervista la Ciccone ha definito sua madre. L'idea della realtà e dell'immaginazione che probabilmente l'autrice ha dedotto dalla sua formazione filosofica , semba una tematica meno compresa e per niente afferrata in ciò che ho letto finora sul film. E' invece quella che ha più colpito la mia fruizione di questo prodotto. C'è un mondo "nuovo" da costruire di cui si parla nella prima parte del film, ci sono i mondi culturali contrapposti, c'è il mondo sommerso inventato - da quel che ho capito - da Màrja e che viene poi tenuto in vita da Alice per la sorella. C'è il poi l'orribile mondo che Màrja comincia a vedere quando la speranza sembra averla abbandonata.
E'un continuo rifugiarsi in qualcosa che non c'è o perdersi in qualcosa (di spaventoso) che non c'è, o fuggire in qualcosa che non c'è.
La parte onirica accenna con mano delicata e mai forzata a questa idea.
Tutta la struttura del film sembra ricalcare le tragedie greche, per linguaggio, personaggi e per l'idea del destino, della scelta del proprio destino che motiva i personaggi, soprattutto quello di Màrja.
La storia embra quasi un pretesto per dire qualcosa di più, la mano della regista è leggera, mai grafomane o ridondante, i dialoghi bellissimi e verosimili, risentono positivamente della formazione teatrale dell'autrice.
Probabilmente oserà ancora di più, ci sono una formazione e un'urgenza più forti di quel che lascia trapelare da questo film la cui riuscita riposa comunque nell'armonia che si crea tra la regia e il lavoro degli attori, che sono bravissimi ma sicuramente diretti benissimo: gli attori sono strumenti, cosa che viene spesso dimenticata nell'analisi dei film, quasi sempre buona parte del merito e del demerito va attribuito al regista. L'armonia della recitazione degli attori è perfetta. Stupefacente la protagonista, degna rappresentante di una scuola scandinava imperniata sulla sobrietà, l'interpretazione contenuta e sempre verosimile, in questo caso appassionata e partecipe.
Bellissime le musiche, e l'ambientazione generale volutamente povera, asciutta, mai oleografica, una Sicilia reale e opprimente, il cui sole e il cui mare divengono prigione , metaforica gabbia che rimanda al mito - anche qui - di Scilla e Cariddi.
Le emozioni che lascia il film sono profonde, pescano nell'inconscio, nelle tematiche più universali e negli archetipi, il che può ottenere due effetti opposti, la totale partecipazione o (come forse potrebbe accade ai detrattori di questo film) la reazione infastidita d'aver provato commozione e emozione per una storia che appare così semplice eppure così assoluta.
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