Regia di Sergio Castellitto vedi scheda film
Sergio Castellitto, il regista e l’interprete principale di Non ti muovere, tratto dall’omonimo e bel romanzo, Premio Strega 2002, dell’attrice e scrittrice Margaret Mazzantini (moglie del regista), a nostro parere, in una frase ha sintetizzato il suo film: “l’unico effetto speciale del film è Penelope Cruz”. Per i lettori del romanzo, come quasi sempre accade, il film risulterà una delusione, ma anche per chi non avrà letto il romanzo il film si rivelerà per ciò che è: una noia mostruosa (due ore e cinque minuti in cui niente si muove).
Peccato che un attore così bravo abbia “tradito” il lavoro di sua moglie, pur partendo dalle stesse premesse. Una ragazza in fin di vita a causa di un incidente con il motorino viene portata d'urgenza in ospedale. La capo servizio, Ada, scartabellando nello zainetto, legge nel diario il nome della giovane. Il cognome assomiglia a quello di un suo collega chirurgo, Timoteo, che in quel momento sta operando un’altra persona. Alla notizia, allarmato, l’amico chirurgo si dirige nel luogo dove giace il corpo inerme di sua figlia-paziente, dando l’assenso per la delicata operazione cui dovrà sottoporsi la giovane. Mentre Timoteo aspetta impaziente l’esito dell’operazione, questa volta anche lui dall’altra parte della vetrata, rispetto alla sala operatoria, gli tornano alla mente i ‘film’ della sua vita. Cercherà di ricomporli per riscoprire nell’unico ‘film’ degli ultimi quindici anni, l’età della figlia, la sua storia di uomo traditore e violento, che ha abbandonato spesso la sua responsabilità di padre, soprattutto per l’amore nascosto per una giovane donna: Italia. Penelope Cruz, magnifica come Nicole Kidman nell’interpretazione di Virginia Woolf, è in questo film imbruttita fino all’inverosimile: non la si riconosce, anche nell’andatura, molto simile alla Cabiria di Fellini.
Questa seconda prova da regista per Sergio Castellitto dopo Libero Burro, lascia molto perplessi, nonostante sia affiancato ad attori del calibro di Claudia Gerini, la moglie; Penelope Cruz; Marco Giallini, Manlio, il suo migliore amico; Angela Finocchiaro, la capo infermiera e la stessa Mazzantini che appare nella scena finale del film come un fantasma vestito di nero, passando accanto a Castellitto.
In Non ti muovere, invece, ritorna il Castellitto agnostico, così come lo abbiamo visto nello straordinario L’ora di religione di Bellocchio, in contraddizione con un credo che s’identifica nei crocifissi.
Strana, fuorviante e molto furba la canzone di Vasco Rossi nel film. Si tratta di una canzone che ha scritto per l’occasione, ma che senza ombra di dubbio avrebbero rifiutata persino a Sanremo. La scelta delle canzoni, in generale, per Non ti muovere, lascia molto a desiderare, se si pensa anche a It’s fine no countdown degli Europe, uno dei pezzi pop-rock più kitch della storia della musica. Invece, due riferimenti alla Puglia sono presenti nel film, oltre ad alcune location situate proprio sulla Daunia: la birra Peroni e il cartello dello statale indicante Foggia, “omaggio ad una terra a cui mi lega come un cordone”, come ha sostenuto lo stesso regista.
L’imperativo, alla fine, è categorico. Come nel romanzo, lascia l’amaro in bocca e il senso ben più ampio di un atto di fede religioso, grazie al quale riconosciamo l’unica verità: nonostante continuiamo a domandarci dove vanno le persone che muoiono, l’unica verità che ci spiazza e che a noi è dato conoscere è dove le persone restano. Ferme, nella loro immobilità, di generazione in generazione.
Giancarlo Visitilli
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