Regia di Olivier Dahan vedi scheda film
In contemporanea alla summa cristologica di Mel Gibson, i cultori dei sempre più frequenti incroci tra il thriller e le Sacre Scritture hanno nuovo materiale su cui discutere. Questo nuovo capitolo delle gesta del commissario Niemans pesca nel torbido mescolando l’Apocalisse di Giovanni con la storia di una setta eretica dell’Anno Mille al servizio di Lotario ed echi del rapporto tra nazismo e magia nera. Le indagini prendono il via dal macabro ritrovamento di un cadavere murato nella cella di un monastero francese al confine con la Germania, nei pressi dei resti dei cunicoli e delle fortificazioni della Linea Maginot. Da questo omicidio, se ne dipanano altri undici e nelle indagini il rude commissario è affiancato dal giovane Reda e da Marie, poliziotta esperta di simboli religiosi. I tre scoprono un complotto che mira a eliminare 13 persone che hanno i nomi degli Apostoli e fanno i loro stessi mestieri, sopravvive solo un “sosia” di Gesù gravemente ferito e le indagini sono complicate dal fatto che i killer sono frati senza volto e dalla forza sovrumana. La storia di questo secondo episodio “purpureo” non sta in piedi neppure con la colla e ha perso anche la stampella della firma di Jean-Christophe Grangé dal cui romanzo era tratto il primo e interessante Fiumi di porpora. Però il film mantiene una sua dignità per l’ironia che vive nei personaggi dei due poliziotti, che sembrano emuli di Indiana Jones e le scene di azione che sono realizzate con dignitosa professionalità da Olivier Dahan, ovviamente supervisionato da Luc Besson.
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