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Mostriciattoli

Regia di Hope Perello vedi scheda film

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La recensione su Mostriciattoli

di scapigliato
6 stelle

Siamo nei dintorni del grottesco, del felliniano, dell’onirico disturbante. L’unico sequel che può competere con i capitoli borderline di Philippe Mora ulteriorizza la sua distanza con il modello originale, compresi i tre romanzi di Gary Brandner, e confeziona un film di tutto rispetto. Siamo comunque lontani dal gradimento vero e proprio, ma ha più punti in cui sa piacere e distinguersi. Qui, il licantropismo è visto come un fenomeno da baraccone e di facile guadagno, implicita quindi la definizione di maledizione e fatalismo dell’essere uomo lupo. Siamo nel profondo sud americano, e in perfetto stile western uno “straniero” arriva in paese. É giovane, senza una lira e senza un passato. Arriva a piedi con una vecchia borsa di pelle in mano. Trova subito ospitalità presso il pastore locale con cui mette a posto la chiesa e della cui figlia s’innamora. In città arriva anche un circo, o meglio uno di quei “worlds of wonders” che percorrono gli USA con le loro stranezze e i loro freaks di browinghiana memoria. Lo conduce e amministra un villain d’eccezione, Bruce Payne, alle cui dipendenze, oltre l’uomo che stacca a morsi il collo alle galline, il nano dal terzo braccio e l’ermafrodito che canta e balla in livrea maschile e femminile, arriva da ultimo anche il chico-cayman, un ragazzo con la pelle a squame di rettile. Ma durante una notte di luna piena lo straniero si trasforma, e la trasformazione è pure piacevole, un po’ di meno la resa finale del lupo trasformato. Viene visto dai tirapiedi di Bruce Payne e subito catturato, appunto, come fenomeno da baraccone. Da qui, i tentativi di salvarlo della sua giovane amata e la scoperta che pure l’infernale padrone del circo è un mutaforma, sebbene non si capisca di cosa.
Il film linguisticamente non è male. Ci sono inquadrature, pose e fotografia funzionali all’atmosfera “altra” del film. Un sogno/incubo molto terreno ma pur sempre giocato sulla labilità dei confini e delle coordinate spaziali. Il lavoro del regista non propone nulla di nuovo, ma sa sterzare clamorosamente l’impasse in cui la serie si era venuta a trovare dopo gli ultimi dimenticabili sequel.

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