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Che ne sarà di noi

Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film

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La recensione su Che ne sarà di noi

di degoffro
2 stelle

A tre anni di distanza dal meritato flop del terribile "Streghe verso nord" con l'indecente ed improponibile Teo Mammuccari, Giovanni Veronesi ottiene il suo primo discreto, ma non travolgente, successo da regista al box office (5 milioni di Euro), sufficiente comunque per aprirgli le strade di una nuova luminosa carriera sotto il marchio Filmauro (da lì sarebbero seguiti i ben più consistenti successi dei due Manuali d'amore e di "Italians"). In precedenza infatti, il deprimente "Il mio west", sebbene avesse incassato di più da un punto di vista monetario, aveva deluso di parecchio le aspettative della Cecchi Gori, dati i precedenti exploit del protagonista Pieraccioni che più o meno guadagnavano tre volte tanto costando la metà, mentre "Per amore solo per amore" e "Il barbiere di Rio" con Abatantuono, nonché "Viola bacia tutti" con Ceccherini e la Argento avevano ottenuto riscontri piuttosto modesti e "Silenzio...si nasce", prima sua collaborazione con De Laurentiis, aveva incontrato il medesimo nefasto destino di "Streghe verso nord", nonostante la coppia Castellitto/Paolo Rossi. "Che ne sarà di noi", ideale seguito del non eccezionale ma più compiuto "Come te nessuno mai" di Gabriele Muccino, con cui condivide due dei protagonisti (Silvio Muccino e Giuseppe Sanfelice) è una commedia adolescenziale urlata, grossolana, semplicistica, convenzionale, pretestuosa e presuntuosa. I ventenni secondo Veronesi e Silvio Muccino, cosceneggiatore, litigano di continuo e furiosamente, hanno un linguaggio da caserma, oltre a ben poca voglia di studiare (gli imbarazzanti esami di maturità dei personaggi di Muccino e Germano su Kant e la prima guerra mondiale sono lì a dimostrarlo), però sarebbero pronti a ricoprire importanti ruoli politici (ministro degli esteri o della pubblica istruzione, per esempio) al posto di sessantenni che non capiscono niente dei giovani e che dovrebbero andare tutti a casa. Scopo principale di questi ragazzi è divertirsi, ballare, impasticcarsi, giocare a pallone, fumare, bere, scappare dai bar senza pagare (ma non lo facevano già Pieraccioni e C. ne "I laureati" di cui Veronesi aveva scritto la sceneggiatura?), andare nelle lussuose case altrui e tuffarsi in piscina, e soprattutto scopare, come ripetono elegantemente in più occasioni. I personaggi sono tipizzati in maniera sconfortante e spesso sono davvero antipatici (su tutti quelli di Enrico Silvestrin e Violante Placido, sinceramente esecrabili). I dialoghi sfoggiano pillole di saggezza da asilo nido del tipo "I desideri, finché rimangono tali, sono come i sogni: mentre nella vita quando uno vuole una cosa deve sapersela prendere", o ancora "Penso che fare l'amore con la persona che ami sia un momento straordinario e imbattibile". Il sentimentalismo si vorrebbe poetico ma in realtà è d'accatto. Troppe le scene madri irritanti e perennemente gridate (Muccino jr, in questo senso ha preso il peggio da suo fratello). Molte le svolte narrative disastrose (i continui tira e molla tra Matteo e Carmen sono da latte alle ginocchia, si pensi per esempio alla scena in cui Matteo si bacia con un'altra ragazza davanti a Carmen per ingelosirla, o alla litigata scatenata da Matteo che, dopo aver scoperto che Carmen se la intende con un altro, perché le ragazze come lei stanno con uomini della loro età, rinfaccia a Carmen il fatto che "Noi scopiamo, voi vi amate!", delirante invece la sequenza in cui Matteo salva la ex fidanzata da una quasi orgia sulla barca di Silvestrin, portando Carmen a constatare che "tra me e te chi deve crescere sono io!"). Molti passaggi sono inutili (il gratuito pestaggio di Elio Germano, necessario però per aprirgli gli occhi e farlo rinsavire sulla sua vuota esistenza, tanto da chiamare piangente la madre da una cabina telefonica), altri ridicoli (la scenata isterica di Matteo davanti al padre ed alla sua giovane amante con il ragazzo che, al genitore che gli domanda "Dimmi che vuoi, qualunque cosa!" risponde di tornare con la madre, la fuga di Matteo dall'esame di maturità per andare a casa di Carmen e salutarla prima della sua partenza per la Grecia). Una sequenza è copiata, chissà se volutamente o meno, da "Ferie d'agosto" (quella in cui i protagonisti esprimono i loro desideri di fronte alle stelle cadenti). L'idea del viaggio iniziatico post maturità come passaggio obbligato all'età adulta è tutto fuorché nuova. Che dire poi dei brillanti personaggi di Bea, interpretata da Valeria Solarino (pur incinta continua a fumare e a bere come se nulla fosse, vomitando a più non posso, con il solo desiderio di andare in Turchia, rasarsi i capelli a zero, perdersi nel mercato dell'argento di Istanbul, scopare, ovvio, per poi tornare e sposare un ragazzo ricco che ha tanto studiato e con cui fare tre figli) e di Valentina/Cicalina che insegue invano con l'amica il suo Matteo sull'isola di Santorini ("Ma che santo è Santorini?" è una delle folgoranti battute del film, l'altra è "Dimmi un dio greco!" "Afrodite" "No, Ermafrodite!") e, nonostante il ragazzo continui bellamente ad ignorarla, alla fine della vacanza potrà, felice, considerarlo il primo vero grande amore della sua vita. Non convince nemmeno il personaggio di Paolo, cui dà volto il migliore del gruppo, Giuseppe Sanfelice, già figlio di Nanni Moretti e Laura Morante ne "La stanza del figlio": timido, serio ed impacciato ai limiti della caricatura con quel suo ripetere di continuo "Non va bene così, non va per niente bene!", fin troppo obbediente nei confronti dei genitori, trova il coraggio di una scelta controcorrente, probabilmente esemplificata, nelle intenzioni di regista e sceneggiatore, dalla drastica rasatura a zero dei capelli. Tutto suona enfatico, ripetitivo, ridondante, banale, fuori misura, eccessivamente sottolineato, spesso indigesto. Non sono tanto gli abusati contenuti a lasciare perplessi, quanto la forma iperbolica, verbosa e retorica. Gli attori poi non aiutano con la loro recitazione dozzinale ed improvvisata. Inoltre la costante e narcisistica presenza di Muccino a lungo andare risulta assai fastidiosa. A salvarsi sono il cane di cui Elio Germano vorrebbe di continuo sbarazzarsi e la signorina che affitta la bettola ai ragazzi. Realistico quanto si vuole ed in perfetta sintonia con il modo di essere dei ragazzi che nel film si riconoscono in pieno ma da un punto di vista cinematografico è ben poca cosa. Squallido, furbo, incolore, superficiale, sommario, velleitario e moralmente discutibile. Emozioni in ogni caso zero. Del resto, purtroppo, già l'incipit evidenziava in modo chiaro il triste andazzo con due ragazzi che amoreggiano appassionatamente scambiandosi dialoghi del tipo "Vuoi sapere un segreto? La tua lingua mi fa impazzire!" Può piacere giusto agli amici di Maria de Filippi, che, ahimè, sono comunque tanti. Sui titoli di coda Gianluca Grignani canta la canzone scritta appositamente per il film da Antonio Guerra. 12 nomination ai David di Donatello gridano vendetta, sebbene poi il film non abbia avuto nessun riconoscimento. Come però ha saggiamente scritto il Morandini il fatto "la dice lunga sulla cultura e l'idea di cinema che albergano all'interno della corporazione del cinema romano." Piccole partecipazioni per Rocco Papaleo (il portiere del palazzo di Carmen) e Paola Tiziana Cruciani (la mamma di Manuel), il solo genitore che, nel film, fa un gesto pienamente condivisibile: una bella sberla in faccia all'arrogante figlio. Ad un certo punto del film Muccino afferma: "...5, 6, 7 ore a settimana di pensiero...ma lo sai quante cazzate in meno farebbero i ragazzi se a scuola gli insegnassero a pensare!!!" Evidentemente a scuola non gli hanno insegnato a pensare. Se questo è il cinema che va per la maggiore viene da chiedersi che ne sarà di noi! A questo punto, personalmente, preferisco rivedermi il ben più fresco e simpatico "American pie" che, almeno, non aveva alcuna supponente pretesa di ritratto generazionale. A Muccino & C. consiglierei, invece, la visione di film come "L'estate di Davide", "Pater familias" e "Nemmeno il destino", giusto per conoscere anche l'altra faccia della medaglia, decisamente meno rosea ed accattivante, sui ventenni di oggi.
Voto: 3

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