Regia di Ivan Aleksandrovic Pyr'ev vedi scheda film
Il regista 'di regime' (caro a Stalin, sebbene abbia prodotto per lo più commedie musicali) Pyryev viene chiamato nel 1968 a rispondere alla trasposizione del medesimo romanzo - capolavoro, nonchè testamento artistico dell'immenso Dostoevskij - portato sul grande schermo dagli americani una decina di anni prima per mano di Richard Brooks (e con protagonisti, fra gli altri, Yul Brinner e Richard Baseheart). Prima distanza avvertibile: il gelo con cui viene messa in scena la versione russa (di un testo russo, ricordiamolo). Un distacco ineguagliabile: con un'adesione alla pagina scritta molto più fedele di quella di Brooks, Pyryev incentra la prima metà del racconto su Alioscia (per l'americano invece era piuttosto Dimitri, il perno del racconto), ma senza fare nulla per accattivargli le simpatie dello spettatore; e nella seconda dà sfogo agli altri tre fratelli, nel finale soffermandosi su Smerdjakov. Il che, a ben vedere, rende maggior giustizia al romanzo; il problema è antico, però: è realmente possibile adattare la pellicola alla pagina, e soprattutto: è necessario farlo? Qui la sceneggiatura del regista, come si è visto, ricalca per quanto possibile Dostoevskij: durata complessiva dell'operazione, quattro ore meno un quarto. Mostruosa. Brooks invece si affidò ad una riduzione - con modifiche, ma mai drastiche - dei fratelli Epstein, ed il suo lavoro (due ore e mezza) pareva ben più snodato ed accessibile dal grande pubblico. Inoltre Pyryev conferisce al film un'impostazione teatrale che non aiuta a digerire meglio i lunghi dialoghi, che si soffermano sulle più classiche tematiche care all'autore: religione ed ateismo, denaro e povertà (ovverosia necessità), comprensione e famiglia, egoismo e carità. C'è dentro la summa del pensiero di Dostoevskij, gli interpreti se la cavano bene, ma il ritmo è quello che è (scarsino). Il regista - poco più che sessantenne - morì verso la fine della lavorazione. 5,5/10.
I fratelli Karamazov sono 4: il buon Alioscia, l'ateo Ivan, il litigioso Dimitri e l'infido Smerdjakov, che il padre Fedor ha avuto da un'altra moglie. Fra Fedor e Dimitri i dissidi sono frequenti, per ragioni di donne e di debiti; quando il padre viene trovato morto, Dimitri viene arrestato e portato in tribunale. Ma l'accusato sa di essere innocente...
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Grande letteratura e cinema raramente (quasi mai, direi) vanno a braccetto. Anche il film di Richard Brooks fu un fallimento, per non parlare delle osannate (oggi, anche il play nostalgiche) riduzioni televisive anni Sessanta.
C'è però da dire che le riduzioni televisive in quanto tali hanno budget limitato, soprattutto quelle di una volta (oggi ci sono fiction tv di notevole impatto, ma sono cambiati attori e argomenti, ovviamente in peggio): pertanto il prodotto cinematografico parte avvantaggiato. In questo senso il film di Brooks è più virato al cinema e questo di Pyryev somiglia più ad un lavoro televisivo; non sapevo che fosse stato un fallimento anche quello americano, ma in effetti non sorprende più di tanto. Quando un romanzo ed un film sono egualmente capolavori, mi viene da pensare, lo sono però per ragioni piuttosto distanti (così su due piedi mi vengono in mente Fahrenheit 451 e Arancia meccanica, perchè risalendo ai classici della letteratura non trovo nulla).
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