Regia di Lev Kulidzhanov vedi scheda film
Trasposizione moderatamente fedele dell'omonimo capolavoro di Dostoevskij; essenzialmente lo spirito del romanzo (una storia di crisi di coscienza ed accettazione del proprio destino, con la complicità della fede cristiana) non è intaccato, anche se mancano gli strascichi finali, concludendosi la pellicola con la confessione di Raskolnikov. Ma tanto basta a rendere con buona precisione l'atmosfera decadente (nei costumi, nei dialoghi, nella morale in particolare) del libro, inquadrando la narrazione, come lì, dal punto di vista del giovane studente squattrinato e - caratteristica consueta dei personaggi del grande scrittore russo - fondamentalmente inebetito dai grandi concetti ed ideali studiati (la sua disciplina è giurisprudenza, certo non a caso), di cui ama riempirsi la bocca non appena gli eventi lo mettono in tensione, ma in definitiva un vero e proprio pavido, un uomo insomma di cultura ma non di carattere. Testimonianza ne sono le frequenti crisi, le manifestazioni fisiche come la febbre o gli impallidimenti in presenza della polizia o al presentimento che il suo inganno stia per essere svelato. C'è molto di autobiografico in questi particolari. Regia semplice, senza grandi effetti, e luci basse, cupe, in un bianco e nero che ben si adatta a dipingere gli interni fatiscenti delle povere abitazioni in cui vivono la maggior parte dei personaggi della storia, e nei quali essa prevalentemente si svolge. Tanta psicologia, Dostoevskij d'altronde la padroneggiava con sicurezza nella costruzione di personaggi e relazioni, ma meno risalto alla parte sentimentale del libro, al rapporto fra Sonja e Raskolnikov; il che, considerando che Sonja in pratica rappresenta la carità cristiana e l'ingresso della fede nella vita del protagonista, sminuisce un po' anche l'impatto della questione cristiana nell'opera di Kuldzhanov rispetto al testo originale. Nota finale non esattamente entusiasta: duecentoedieci minuti di film (tre ore e mezza) sono eccessivi anche per un soggetto tanto corposo; tagliare un'oretta di pellicola sarebbe stata una decisione sicuramente coraggiosa, impegnativa altrettanto, ma anche destinata senz'altro a ricevere la gratitudine dello spettatore. 7,5/10.
Lo studente spiantato Raskolnikov è costretto a ricorrere spesso ad un'usuraia; un giorno decide di ucciderla per rapinarla. Ma è costretto ad eliminare anche una vicina, testimone del primo delitto. La polizia inizialmente accusa un'altra persona, mentre Raskolnikov, per il tormento della coscienza, comincia a soffrire di disturbi nervosi e febbre alta; nei momenti di delirio si paragona a Napoleone per giustificare il male compiuto come passo necessario verso un grande obiettivo finale. Che ovviamente non esiste. E infatti Raskolnikov sa che prima o poi dovrà capitolare e confessare il duplice omicidio.
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