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La corazzata Potëmkin

Regia di Sergej M. Ejzenstejn vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La corazzata Potëmkin

di yume
10 stelle

Uno splendido restauro che con cura filologica restituisce alla pellicola tutta la forza che Ejzenštejn diede alle sue immagini, a quel montaggio che avvince, trascina, cattura lo spettatore e lo fa protagonista della scena, a quella fotografia che mentre si raccoglie sul particolare spazia un attimo dopo fino a orizzonti lontani

 

locandina italiana 2017

La corazzata Potëmkin (1925): locandina italiana 2017

Sguardo che sale su verso il cielo, seguendo la bandiera rossa issata sul pennone della Potëmkin o guarda a lungo il mare come incantato, primi piani folgoranti seguiti o preceduti da scene di massa epiche, i marinai che sciamano bianchi sul ponte, gli ufficiali neri, i cosacchi bianchi e neri in file compatte, i loro lunghi fucili sottili che uccidono, le sterminate file composte e festanti degli abitanti di Odessa che scendono al porto e le vele che vanno felici incontro alla corazzata ormeggiata in rada.

E il mendicante sciancato che saltella giù per la scalinata, gli stivali neri dei cosacchi e i vestitini ricamati delle fanciulle con l’ombrellino, il bambino colpito a morte e calpestato dalla folla in fuga e sua madre, e il neonato che sporge la testa stupito dalla carrozzella che scende a balzelloni giù giù, fino in fondo alla scalinata,

E l’accompagnamento musicale con la partitura originale di Edmund Meisel, in simbiosi perfetta con le immagini.

Tutto questo e altro ancora torna ad essere La corazzata Potëmkin, finalmente liberata da quanto di posticcio, giudizi avventati per far ridere la compagnia e tagli, manipolazione di scene, voce fuori campo enfatica e inutile (le didascalie originali sono un capolavoro di sintesi) , le aveva creato intorno un alone difficile da smantellare.

Tutto quello che si può dire a commento è inadeguato, è come pretendere di descrivere a parole la Gioconda o un concerto di Mozart.

Bisogna partecipare al rito, viverlo in prima persona.

In mancanza di questo, tentiamo di dire qualcosa a mò di appunti.

 

scena

La corazzata Potëmkin (1925): scena

 

SINOSSI

Ricostruzione dell' ammutinamento sulla corazzata russa Kniaz Potëmkin Tavricevskil che,nel 1905, provocò una sanguinosa repressione da parte del potere zarista contro il popolo di Odessa, solidale con i marinai in lotta.

 

L' opera è divisa in 5 atti, Ejzenštejn volle che avesse la stessa partitura di una tragedia:

Quando si parla del Potëmkin si osservano in genere due aspetti: l'unità organica della composizione nel suo complesso, e il pathos del film… Il Potëmkin sembra una cronaca (o cinegiornale) di avvenimenti, ma in realtà colpisce come il dramma. E il segreto di questo effetto consiste nel fatto che il ritmo della cronaca si adatta alle leggi rigorose della composizione tragica; e, più ancora, della composizione tragica nella sua forma più classica: la tragedia in cinque atti… “.

 

1) Uomini e vermi

2) Dramma sul ponte

3) Il morto chiama

4) La scalinata di Odessa

5) Una contro tutte.

 

Uomini e vermi

27 Giugno 1905. L’equipaggio dell'incrociatore, estenuato dall’autoritarismo vessatorio degli ufficiali, si ammutina quando il medico di bordo non vuol ammettere che la carne del rancio, quarti di animali appesi in bella vista sul ponte, è avariata e brulica di vermi. L’occhialuto ometto farà la fine che merita, buttato in mare dai marinai inferociti in una scena in cui, come in Shakespeare e in tutti i grandi tragediografi, la vis comica si fonde perfettamente alla forza tragica.

 

Dramma sul ponte

I soldati non ubbidiscono all’ordine di fucilare il gruppo di marinai ostaggio dagli ufficiali messi in un angolo del ponte e fatti coprire con un gran telo bianco.

La disperazione di quegli uomini trasuda da sotto il telo, vediamo le ginocchia piegarsi, la macchina inquadra con alternanza febbrile le canne dei fucili e la gran massa ondulata.

Quando i fucili si abbassano e scoppia la rivolta i marinai si liberano e un’ultima occhiata al telo lo riprenderà mentre si sgonfia a terra come una medusa spiaggiata.

La rissa fra marinai e ufficiali è un capolavoro di tecnica di montaggio, che tocca il culmine quando appare il pope capelluto in cima alla scaletta, brandendo il crocifisso che ben presto si conficcherà a terra a mò di accetta mentre lui si fingerà morto sotto la scala.

scena

La corazzata Potëmkin (1925): scena

 La morte del marinaio Vakulincuk, il primo a dare il segnale di rivolta, segna l’epilogo della prima parte.

 

Il morto chiama

Entrati nel porto di Odessa e issata la bandiera rossa sul pennone, il cadavere di Vakulincuk è portato a terra ed esposto sotto una piccola tenda per gli onori funebri.

C’è grande commozione, cresce a poco a poco il flusso di gente che accorre mentre si sparge la notizia dell’ammutinamento. La città è solidale con i marinai in lotta e la rivolta si allarga a tutta la popolazione.

Ora sono tutti protagonisti, abitanti e strade, palazzi e ponti, si tocca con mano la gioia del popolo unito contro il potere, le riprese del mare gonfio di barche che portano viveri ai marinai comunicano l’esultanza di chi si sente finalmente libero.

 

La scalinata di Odessa

scena

La corazzata Potëmkin (1925): scena

E’ il momento culminante della tragedia, ma nessun balzo lirico, il pathos non è ottenuto da soluzioni cinematografiche esteriori. Fedele al suo credo stilistico, Ejzenštejn lascia che parlino le immagini, montate in una dialettica ininterrotta di opposti. Nessuna manipolazione della realtà ma registrazione di fatti messi insieme da uno sguardo capace di coglierne l’essenza più profonda.

Commenta lo stesso autore:

Fu proprio la scalinata con il suo "movimento" a suggerire l'idea della scena e a provocare, con la sua fuga, la fantasia del regista, dando origine a una nuova "forma a spirale “.

Il regista ricorre al montaggio ritmico: accelera i tempi accorciando gradualmente la durata delle inquadrature e inserisce momenti di forte intensità emotiva (primi piani su volti atterriti, increduli e sanguinanti, il gruppetto di ragazze strette intorno alla donna anziana, forse la maestra, e dopo un po’ stese a terra come petali di un fiore morto, la giovane e bella madre con il carrozzino in una sequenza che sembra al ralenty e invece è dentro i tempi reali, la mano che stringe la cintura da cui comincia a uscire sangue e il corpo che si abbatte sul carrozzino che comincia a scendere un gradino dietro l’altro).

 Ma nella memoria più duratura resta la discesa cadenzata e inesorabile dei cosacchi, uomini senza volto, inquadrati di dietro o di lato, marionette senza fili di un potere occulto che semina morte dovunque passi.

 

Una contro tutte

scena

La corazzata Potëmkin (1925): scena

E’ il gran finale, apice della tensione e suo scioglimento. La corazzata Potëmkin si prepara allo scontro in mare aperto con la flotta regale, la notte è colma d’inquietudine fra i marinai, la ripresa della superficie marina inargentata dalla luce lunare non può non far pensare all’altrettanto famosa:

noctem sideribus inlustrem et placido mari quietam quasi convincendum ad scelus di praebuere” * (Tacito, Annales, XIV, 5)

 Il crescendo musicale è vorticoso, le bocche dei cannoni ruotano come proboscidi, tutto è pronto, nel cielo si allarga una lunga striscia nera di fumo, ma quando tutto sta per esplodere un urlo:

FRATELLI!

Gli equipaggi solidarizzano, la Rivoluzione ha vinto con il popolo in lotta.

 

Sul film e dintorni

Potëmkin è la massima espressione applicata del montaggio delle attrazioni (a posteriori), vale a dire le riprese vengono indirettamente montate mentre si riprende e si forma la sequenza, lo sguardo dello spettatore nota e vede l'effetto voluto dal regista.

Secondo il maestro russo, "… il montaggio è un'idea che nasce dallo scontro di inquadrature indipendenti o addirittura opposte l'una all'altra, per cui attraverso il montaggio creo sia un movimento fisico, ma anche il movimento delle idee che produco.

Insomma, esprimo idee e pensieri con le immagini

Mettendo insieme due inquadrature contrapposte ne ho una terza che dà come risultato una idea diversa, non logicamente e meccanicamente legata alle prime due, 1+1 non fa meccanicamente 2“.

 

Il film fu presentato con enorme successo al Teatro Bolšoj di Mosca, il 21 dicembre 1925.

Si celebrava il ventennale della rivoluzione del 1905 e il Partito Comunista aveva l’esigenza di realizzare film celebrativi.

Lenin aveva spesso affermato l'importanza del nuovo mezzo come “strumento capace non solo di riflettere le modificazioni dell' esperienza percettiva introdotte dalla tecnica e dalle mutate condizioni di vita della società industrializzata, ma di riplasmare in senso rivoluzionario le concezioni di spazio e di tempo”.

Intorno alle vicende della Potëmkinricordiamo il nome di Nina Agadzanova, soggettista di fama, che intendeva sceneggiare con la collaborazione del giovane Ejzenštejn (allora ventisettenne) otto episodi da intitolare 1905.

Progetto eccessivamente ambizioso, impossibile starci dentro con i tempi (bisognava consegnare per la fine del 1925) venne riscritta la sceneggiatura concentrandosi sull’episodio dell'ammutinamento dell'incrociatore Potëmkin, a Odessa.

Nacque così uno dei capolavori che consacrarono Ejzenštejn come il maggior regista del cinema sovietico e mondiale, film in cui, dopo l’esordio con Sciopero, potè mettere in campo tutto il suo magistero stilistico.

Quello cheEjzenštejnchiamava“montaggio delle attrazioni", cioè l'accostamento arbitrario degli elementi di una narrazione, legati tra di loro da significati metaforici fuori dalle regole correnti della logica, era il mezzo in assoluto più geniale, e pertanto più rivoluzionario, per far diventare il cinema re-invenzione dell'immagine raccontata nella Storia e nel Tempo, elemento del testo narrativo senza essere linguaggio verbale, solo visivo.

Erano gli anni in Russia del Cubofuturismo, Formalismo e Costruttivismo, i fermenti artistici erano in ebollizione in ogni campo, ma ben presto la mannaia di Stalin arrivò e chiuse tutte le speranze di un mondo migliore.

Ejzenštejn fu protagonista della stagione rivoluzionaria più pura, come ogni grande artista ne interpretò lo spirito e fu guida illuminata, poi arrivò anche per lui la beffa della Storia che punisce i migliori e glorifica i peggiori e le sue vicende biografiche sono esemplari in questo senso.

La corazzata Potëmkin appartiene alla stagione migliore, quella delle grandi utopie, quando anche l’arte doveva collaborare al riscatto dell’uomo liberandolo dalle strettoie a cui le classi al potere l’avevano costretto.

Dopo il 1917 in Unione Sovietica il cinema entrò a far parte del grande progetto rivoluzionario, non solo come rivoluzione estetica ma, e soprattutto, come rivoluzione culturale, mezzo di conoscenza per il popolo, veicolo di trasmissione di idee.

Le leggi costitutive della comunicazione filmica erano studiate dai grandi teorici dell’epoca, Kulesov fra tutti, e il giovane Ejzenštejn sentiva forte il bisogno di esserci e mettere a punto una nuova grammatica della comunicazione visiva.

Potëmkin, secondo lungometraggio dopo Sciopero,è la messa a punto da parte del regista di tutte le nuove teorie sull’arte apprese e condivise al seguito del Fronte di sinistra delle arti , rivista fondata da Majakovskij nel ’23.

Un forte substrato di principi base mutuati dalle teorizzazioni del Proletkult, che guardava al proletariato come referente tipo di ogni creazione artistica, fa da collante  così che ideologia e formalismo, avanguardia e tradizione trovano un felice punto d’incontro.

In linea con le grandi mutazioni antropologiche che stanno sconvolgendo l’orizzonte del XXIesimo secolo, adesso gli eroi della storia non sono più gli individui ma le masse, dove il termine “ massa” è presente ancora in un’accezione positiva.

 Progetto rivoluzionario politico e rinnovamento linguistico procedevano di pari passo,costruire una società nuova passava anche attraverso una nuova concezione dell’arte, non più asservita a logiche borghesi mercantili, museali, separate dall’uomo ma, al contrario, inclusive, fatte per l’uomo che ne diventava protagonista.

Lungo questa strada, travisando e distorcendo in modo evidentemente pretestuoso e strumentale, le dittature arrivano sempre a negare l’arte costringendola a più o meno lunghi periodi di stasi, e così alla grande fioritura del cinema sovietico seguì la fase catatonica successiva segnata dalle purghe staliniane.

Fu una breve età dell’oro quella in cui visse Ejzenštejn, mapermise conquiste che andarono oltre il loro tempo e segnarono la storia del cinema inventandolo, attribuendogli a pieno titolo il nome di settima arte.

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* Gli Dei concessero una notte luminosa e tranquilla per la serenità del mare quasi per spingere al delitto.

 

www.paoladigiuseppe.it

 

 

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