Regia di Takashi Miike vedi scheda film
"Dimenticare non è mai facile, ma un giorno tornerai a pensare che la vita è bella, e sarai felice. In fin dei conti, è la vita."
Audition è l'urlo estremo e assordante, quasi grottesco, ma paradossalmente liberatorio e indispensabile, del riscatto femminile verso l'apatia, la cattiveria e il menefreghismo dell'uomo - maschio. Una (apparente) semplice vicenda sentimentale, che scorre tranquilla e lenta, ma che "puzza" fin dall'inizio : lo spettatore percepisce che c'è qualcosa di malsano e sbagliato in questa storia, qualcosa che si nasconde, pronto ad esplodere malamente, sotto la superficie filmica che Takashi Miike sfrutta abilmente per rilassare e anestetizzare il pubblico. L'equilibrio psichico dello spettatore assorbe inconsciamente questo turbamento silenzioso, ed ecco che inizia a perdere le proprie sicurezze, comincia a tremare e a sgretolarsi - un telefono, un sacco e una donna piegata su se stessa : l'ansia è sempre più palpabile, i nervi si tendono, la gola inizia a seccarsi. La vicenda ritorna sui propri passi, sul proprio binario narrativo - piatto e orizzontale ; sta di fatto che, ormai, il germe "orrorifico" ha contaminato la mente dell'incredulo e immobile pubblico - indietro non si ritorna. I minuti passano e l'inquietudine prende forma - un telefono squilla, una donna piegata su se stessa solleva il viso, un sacco si muove : è l'inizio della fine. Lo spettatore non ha più via di scampo e, scosso e confuso, attende con spasmodica agitazione, lo scoppio della violenza e del male, i quali, grazie all'(azzeccata) astuzia registica, si faranno fastidiosamente attendere, finché arriverà il momento in cui soffocheranno senza preavviso l'anima e la mente di chi assiste, pietrificato, a questo raccapricciante spettacolo - scacco matto, Takashi Miike ha vinto.
Un'opera che tratta (anche) il tema della vendetta : una vendetta contro le ingiustizie familiari, sociali e sessuali - "Non ho mai pensato a me stessa come una bambina felice, ma solo...perché ero sempre infelice!". La rabbia repressa della protagonista raggiungerà la sua soddisfazione (ultima) attraverso il dolore altrui - "Le parole creano solo bugie, del dolore invece ti puoi fidare".
Un film (doppiamente) agghiacciante, malato e disturbante, soprattutto per via della quiete filmica con cui il regista, inizialmente, ipnotizza e disorienta il pubblico.
"Il dolore si trasformerà in piacere, e tu soffrirai in modo indicibile."
La frase pronunciata da Asami, sembra quasi un messaggio subliminale che Takashi Miike lancia allo spettatore
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