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Audition

Regia di Takashi Miike vedi scheda film

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La recensione su Audition

di AndrewTelevision01
8 stelle

Eihi Shiina

Audition (2000): Eihi Shiina

Takashi Miike, considerato come uno dei cineasti più prolifici al mondo, è stato spesso uno dei tanti bersagli dell'ostracismo mediatico. 
"Audition", perla incommensurabile del 1999 che fuoriesce dai canoni del cinema mondiale, emette un ulteriore grido di speranza che aveva fatto precedentemente rinascere l'horror giapponese in quegli anni (vedi "Ringu") e che ora più che mai aveva espanso la sua brillante espressività autoriale. Pellicole come "Audition" mancano al cinema contemporaneo come l'acqua, eppure risultano a dir poco post-moderni per via di una messa in scena lucidissima, una regia e fotografia monumentali, un montaggio schizzato, degli intepreti favolosi nella loro staticità ed un ritmo di hitchcockiana memoria, poiché si prende tranquillamente i suoi tempi per raccontare una storia apparentemente semplice e che irrompe decisamente nel momento giusto.

A distanza di sette anni dalla morte della moglie, Shigeharu Aoyama prende in considerazione l'idea di risposarsi e per fare ciò contatta un produttore cinematografico per poter fare un'audizione che concretizzi il fatto. Aoyama rimane particolarmente affascinato dalla sensibile Asami Yamakazi, ex ballerina tormentata da uno stile di vita che le impedisce di esprimersi: dopo un primo incontro, Aoyama non smette più di pensare a lei e frequenti saranno le uscite che permetteranno ai due di conoscersi più in intimità. L'ossessione per la ragazza diventa pian piano la decaduta dell'uomo, ricolmo di alte aspettative ed un becero ottimismo: i caratteri che contraddistingono un'opera come "Audition" sono sedimentati nella struttura narrativa che colpisce proprio grazie ad una cura maniacale dei ritmi, sempre rallentati ma semplicemente coinvolgenti nella marea di long take, primi piani, inquadrature ravvicinate e carrellate laterali che ci rendono protagonisti della follia sul grande schermo. Miike non ha di certo peli sulla lingua e proprio quando ci ha abituati ad un linguaggio calmo, pacifico e decisamente antiviolento, ci ricopre di tutti quegli elementi che rendono dissacrante e controverso il cinema estremo ossia lesioni corporee, lingue tagliate, aghi appuntiti, piedi mozzati, vomito disgustoso, sangue a diottrie e siringhe velenose. Quello di "Audition" è un cinema sicuramente non per tutti, probabilmente divisorio, ma che forma lo spettatore all'orrore psicologico: il suo voler alternare la quotidianità schizzoide e a dir poco munchana del protagonista ad eventi surreali che cercano di attutire il tutto, confondendo lo spettatore e portandolo a cercare soluzioni per capire il senso del finale rappresentato da un montaggio inconfondibile, è una scelta geniale e che porta la pellicola a far indubbiamente parte della storia del cinema horror.

"Audition" va valorizzato per quello che è, ovvero un'opera d'arte degna del suo autore, della sua atmosfera e del suo taglio espressionista forte e chiaro.

 

Voto: 8½.

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