Regia di Oswald Bray (Oscar Brazzi) vedi scheda film
In un paesino toscano arriva la nuova dottoressa; si tratta di una donna piacente e di facili costumi, che - manco a dirlo - attira immediatamente tutti gli uomini del paese nel suo ambulatorio.
Il problema principale di Atti impuri all'italiana non è il fatto che si tratti di una pellicola men che mediocre, con una trama arruffata e porcellona, girato con la mano sinistra (o forse il piede), pregno di ogni volgarità immaginabile e dotato di una comicità becera da caserma; no, il problema in assoluto peggiore di questo sottoprodottino è che arriva addirittura in ritardo, quando di film analoghi le sale cinematografiche nostrane avevano già fatto da tempo il pieno. A censura virtualmente debellata, gli autori più miseramente commerciali della settima arte del Belpaese, quelli a cui meno interessava il lato artistico e più quello economico della faccenda-cinema si scatenano: dalla fine degli anni Sessanta escono pellicole sempre più ammiccanti, libertine, arrivando piano piano alla pornografia tout court (e alle debite sale di proiezione a luci rosse); il facile obiettivo è quello di conquistare gli istinti bassi del pubblico, che è storicamente il primo e miglior metodo di vendita. Tanta premessa era necessaria, se si voleva parlare di qualcosa in questo spazio: altrimenti su Atti impuri all'italiana ci sarebbe davvero poco da dire. Gag maschiliste e pecorecce, donnine nude, tutti satiri e ninfomane spietati i personaggi in scena; la sceneggiatura è del regista, che si firma Oswald Bray ma è il fratello di Rossano Brazzi (Oscar). Nel cast spiccano i nomi di seconde e terze linee quali Dagmar Lassander, Maurizio Arena, Isabella Biagini e Stella Carnacina. Sprecati perfino loro. 2/10.
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