Regia di Tim Burton vedi scheda film
Tim Burton gira una sorta di reinterpretazione hollywoodiana di 8½, dimostrando di non averci capito nulla: ciò che nel film di Fellini erano le immagini grottesche dei ricordi intrecciati, arricchiti e resi confusi e sfumati dal comparto emotivo del protagonista, diventano qui una sequela di stucchevoli simbolismi basculanti fra l'elementare ed il pretestuoso, che raggiungono il solo obiettivo di non allontanare la vicenda da un immaginario fantasy cui è legata la fama del regista. Dato che la vita di Edward Bloom è stata essenzialmente quella di una persona qualsiasi, la morale del film non può che essere riassumibile nella solita sequela di frasi fatte quali “tutti sono speciali”, “se ci credi ce la farai”, “carpe diem” e così via (con in più il fastidiosissimo e falsamente cinico commento finale del medico, secondo cui le ricamature/paraocchi sarebbero migliori di cose evidentemente banali quali la nascita di un figlio, il ritornare vivo da una guerra o l'amare la propria compagna), e proprio in virtù di ciò trovo insopportabile il tono edulcorato da favola patinata di cui è intrisa tutta l'opera. Peccato perché in altre circostanze (vedi Ed Wood) Burton aveva dato prova di avere ben altre capacità.
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