Regia di Tim Burton vedi scheda film
Come vivere nell'illusione ... restando nella realtà.
Leggendo qualche recensione qua e là mi sono convinto che, grosso modo, l’interpretazione più comune, al netto degli svolazzi poetici, sia la seguente.
“Il film è realistico, e le scene inverosimili sono immaginarie. Il protagonista (Edward) ama l’illusione, e sull'illusione fonda la sua stessa ragion d’essere. Il figlio (Will) del protagonista, vittima della personalità narcisistica ed egocentrica del padre, detesta le sue panzane. Però poi, gradualmente, via via che l’anziano Edward sarà costretto a prendere atto della più implacabile delle realtà (la sua stessa morte), Will comincia ad accettare le storie inverosimili del padre, e ne comprende la funzione catartica, o forse salvifica. Il suo rancore verso il genitore viene dunque superato, e sarà in grado di accompagnarlo con benevolenza al trapasso. Un finale dunque struggente, ma lieto”.
Fermo restando questo quadro di base, dal mio punto di vista c’è una possibile interpretazione parallela: la scrivo qui di seguito.
La vita quotidiana, per moltissime persone, è fatta soprattutto di routine. Non ci capitano avventure mirabolanti e surreali. La vita di Edward è incredibile (come dichiarato nello stesso titolo del film), perché c’è la magia, il gigante, la strega veggente, il lupo mannaro, ecc. Nella nostra vita queste cose non capitano; però ognuno di noi è immerso in un universo di incontri, eventi, esperienze, che a sua volta costituisce una ricchezza. Sta a noi vedere la straordinarietà nella routine, o “l’infinito nell'umiltà”, come diceva Umberto Saba. Se riusciamo a vedere tutto questo, e a trasformarlo in storie, allora anche la nostra vita sarà incredibile, e le storie assumeranno una funzione costitutiva. Se prendiamo per buona questa interpretazione del film, allora le scene inverosimili non sono reali, ma non sono neanche illusioni. Sono metafore, volte a simboleggiare e a valorizzare la capacità di cogliere il “meraviglioso”, restando nella realtà.
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