Regia di Ciro Ippolito vedi scheda film
Ciro Ippolito, già campione del trash cinematografico partenopeo, subodora la nuova linea del “cinema medio d’autore” e ci si butta a pesce. Crisi Familiari, Quarantenni al Bivio, Dolly e Grandi Temi. Ne risulta un turgido carampana-movie tratto da Sveva Casati Modignani, che in più fornisce la Vita e l’Arte, la Malattia e la Morte. Una donna scopre che il marito la tradisce, e va via di casa. Il marito non sa barcamenarsi nella routine casalinga, mentre lei accetta la corte di un pittore spagnolo (Cortes). Colossale inabilità degli interpreti, macchiette napoletane a gogò, un’orchestra d’archi sotto la pioggia. Ogni due minuti, senza motivo, le inquadrature sono storte e col soffitto a vista, “alla Orson Welles”. I dialoghi hanno qualche perla, tipo la Cucinotta che spiega Brahms, o la metafora del titolo («due gusti forti, ma che si sposano benissimo insieme»). Il film è soprattutto un’involontaria demistificazione dei propri modelli: Muccino, Ozpetek e Tognazzi jr al cubo diventano qui parodia alla Franco e Ciccio: basti dire che la matrona turca icona di Ozpetek è una nonna pianista gozzaniana. Però era più divertente Arrapaho.
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