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Primo amore

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Primo amore

di Stuntman Miglio
8 stelle

Tratto da "Il cacciatore di anoressiche" di Mariolini, il quinto lungometraggio di Matteo Garrone è un dramma intenso e doloroso che mette in scena, come già fatto nel precedente "L' imbalsamatore", l' evoluzione di un' ossessione morbosa. Ambientato in una Verona tutt'altro che povera, il film mette in scena il rapporto fra Sonia, modella a tempo perso in cerca del vero amore e Vittorio, imprenditore orafo alla smaniosa ricerca di una donna che possa soddisfare malsani canoni di bellezza di "corpo e di testa". I due si conoscono e, nonostante una scarsa convinzione iniziale da ambo le parti, iniziano a frequentarsi e piacersi. Il sentimento della ragazza è sincero e spontaneo ma quello di lui cela una tremenda psicopatia che lo porterà a modellare la nuova compagna così come si fa con l' oro : raschiare, raschiare sempre più a fondo sino a quando, alla fine, rimarrà solo la parte più preziosa. E così Sonia inizia a perdere peso per incontrare il gusto estetico di un uomo malato che vive di assoluti, incapace di normali sentimenti. Il rapporto fra i due diventa sempre più simbiotico, man mano che lei dimagrisce, i due si distaccano sempre più dalla realtà che li circonda ; il loro rinchiudersi in una torre in mezzo al nulla è emblematico, i due non riescono ad avere una vita al di fuori del loro esperimento "amoroso" e le conseguenze iniziano presto a riflettersi sulla sfera privata e lavorativa. La tragedia è inevitabile. Un soggetto duro e scomodo, un percorso sofferto che non offre spiegazioni razionali o consolazioni, Garrone dirige elegantemente con ottime intuizioni stilistiche alternando immagini sfuocate a momenti di camera fissa e a mano. Eccezionale la fotografia che riesce ad essere oscura ed inquietante nonostante la costante scelta di colori intensi, altrettanto funzionale la colonna sonora della Banda Osiris poi premiata a Berlino e ai David di Donatello. Semplicemente perfetta la coppia di protagonisti interpretati da una Michela Cescon, che dà anima e soprattutto corpo al travaglio del proprio difficile personaggio e da un inquietante Vitaliano Trevisan (scrittore qui co-autore del soggetto) che riesce a fare della sua voce e di quell' accento marcatissimo una vera e propria arma ipnotica. Un bel film, importante tanto quanto "Gomorra", per capire il vero potenziale artistico di Matteo Garrone.

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