Regia di Francesca Comencini vedi scheda film
Tutto sommato non è un film malvagio e la trama riesce a farci vincere una certa monotonia dell'insieme. Una monotonia che certo la protagonista Nicoletta Braschi non contribuisce a far dimenticare, con quella sua faccia eternamente atteggiata al ruolo di vittima sacrificale. Certo, l'insieme del film diventa tanto più odioso quanto più siamo consapevoli come spettatori che le vessazioni che Anna subisce sono il frutto di una precisa strategia tendente a screditarla per potersene liberare con giusta causa. Ultima mossa di questa strategia è metterla contro gli operai del magazzino, che abboccano all'amo teso dalla direzione dell'azienda e scatenano una guerra tra poveri, anziché prendersela con i veri "aguzzini". Ma la tela tessuta dalla nuova proprietà dell'azienda è sottile e si dipana attraverso compiti "importantissimi per l'azienda" come cercare in archivio delle vecchie fatture, operare con un computer che non funziona mai, diventare l'addetta a registrare le fotocopie ecc. E il fatto è che quanto capita ad Anna, madre separata che deve mantenere una bambina (quanto mai coscienziosa, per fortuna), potrebbe capitare a ciascuno di noi, indipendentemente dalla dedizione (che alla protagonista non manca) del singolo. Uno dei difetti principali del film è secondo me, oltre alla protagonista poco azzeccata e auna pervicace e totale mancanza d'ironia, è quel finale repentino e salvifico che parla di una vittoria schiacciante sull'azienda ottenuta grazie ad un sindacato talmente efficiente da farci venire la voglia di prendere subito la tessera della CGIL. Purtroppo nella vita vera non è così, e forse la Comencini (mi sarebbe piaciuto vedere un film come questo diretto da Ken Loach: questo è il suo terreno prediletto) ci ha voluto ricordare che siamo al cinema. Però l'intento del film è lodevole e il risultato sufficiente.
Il finale è troppo sbrigativo e facilone.
Troppo triste e rassegnata, non mi sembra adatta al ruolo della protagonista.
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