Regia di Theo Anghelopoulos vedi scheda film
Quando si decide di usare un ritmo lentissimo, con panoramiche lentissime (alla Dreyer), pochi dialoghi, si corre sempre un rischio. In questo caso la scelta di Angelopulos era logica. Peccato però che il film emozioni poco. La lentezza non sempre giova perché invece di far riflettere lo spettatore e rendere la sequenza più profonda finisce per annoiare. Alcune scene sono struggenti, ma il regista troppo spesso si ostina nel riprendere personaggi che pinagono e/o si disperano, oppure si sofferma inutilmente sulle bestie appese all'albero, scelta che vorrebbe disturbare e sconvolgere ma che dopo alcuni secondi stufa e perde valore. Insomma un po' troppo voyeuristico (vedi il finale, che sarebbe stato più scioccante senza far vedere lei che piange sul cadavere del figlio, ma solo lasciandolo intuire).
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