Regia di Theo Anghelopoulos vedi scheda film
IL MOTO ONDOSO DELLE PARTICELLE
I russi li cacciano da Odessa, gli elementi dai dintorni di Salonicco, poi ci pensano la guerra, la politica e la miseria a completare l'opera disperdendoli per il mondo. Il film riproduce il moto ondoso lento e inesorabile che sfalda una comunità di esuli greci. Gli uomini si aggrappano, costruiscono, danno nomi evocativi fatti per segnare, per durare, ai luoghi dove sostano (la piazza dei musicisti, la collina bianca, il teatro degli esuli) ma l'inesorabile corrente li porta altrove. Anghelopoulos si avvicina appena, individua nel flusso una coppia di amanti e ne segue il tragico destino ma senza passione, senza affetto. Il suo sguardo rimane avvinto dall'incedere della Storia che ama tradurre in coreografici movimenti di folla. Sulle prime i lunghi piani sequenza nei quali gli eventi invece di venire inseguiti paiano accadere, la programmatica lentezza che vuole restituire al cinema un ritmo più meditativo e naturale lasciano ben sperare. Invece la sensazione di deja vu, le sequenze mal riuscite (il ballo dei sindacalisti), la teatralità nel senso più deteriore (la morte del musicista), l'assenza di pathos, la noia che si insinua inesorabile sono il risultato di un film cerebrale, estetizzante, vuoto.
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