Regia di Theo Anghelopoulos vedi scheda film
Anghelopulos è stato il regista del piano-sequenza, quello che forse ha saputo sfruttare meglio in chiave espressiva le possibilità offerte da questa tecnica di ripresa. Ne La sorgente del fiume torna a farne un utilizzo abbondante, come ne La recita, e si tratta spesso di piani sequenza molto lunghi e virtuosistici in cui succedono un sacco di cose, come ad esempio quello di circa dieci minuti ambientato nella balera dove il padre cerca un ultimo contatto con la ragazza che l'aveva sposato e poi era fuggita col figlio, e infine muore. Ma si tratta di sequenze necessarie alla narrazione, dove lo sfoggio di tecnica non cade nel formalismo fine a se stesso. Anche nella composizione delle immagini c'è spesso di che rimanere a bocca aperta, soprattutto nelle sequenze dell'alluvione del villaggio e nel ballo dei due protagonisti fra i musicisti nascosti in mezzo alle lenzuola stese ad asciugare, e si tratta di valori figurativi di primissimo ordine, che attestano nuovamente la maestria cinematografica del regista. E' un peccato invece che nella drammaturgia non ci sia lo stesso rigore, che la narrazione alterni momenti di grande forza anche simbolica (il teatro trasformato in una specie di campo profughi) ad altri, soprattutto nella parte finale, in cui il regista non riesce a tirare le fila della narrazione in modo efficace e la forza delle immagini si disperde in un certo manierismo in cui gli agganci alla storia della Grecia risultano un pò forzati. Peccato, perchè altrimenti Anghelopulos poteva arrivare al capolavoro come fece nella Recita. Si tratta del primo film di una trilogia, di cui nel frattempo è stata completata la seconda parte.
voto 8/10
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