Regia di Jacques Tati vedi scheda film
Bisognerebbe ricordarsi più spesso che Jacques Tati è stato uno dei massimi comici della cinematografia mondiale, ma anche un autore completo e un "inventore di forme" degno dei più grandi creatori della settima arte. Dispiace che abbia girato pochissimo (solo sei lungometraggi), evidentemente a causa di un crescente perfezionismo "alla Kubrick", ma i film che ci ha lasciato sono ancora oggi godibilissimi. "Mon oncle" è uno dei miei preferiti ed è forse uno dei suoi più accessibili visto il successo internazionale e i molti premi vinti, fra cui un Oscar come miglior film straniero e un Gran premio speciale a Cannes. Il tema principale è una satira contro gli eccessi del consumismo e l'eccessiva dipendenza della borghesia francese anni Cinquanta dagli oggetti meccanici e dalle ultime innovazioni tecnologiche; in qualche modo si riallaccia al discorso di "Tempi moderni " di Chaplin, ma, pur non essendoci una trama vera e propria quanto una successione di episodi che coinvolgono Hulot e il nipote con i suoi genitori, non arriva ancora all'astrazione stilistica di "Playtime", geniale ma per molti fuorviante. Evidente anche qui l'attenzione al dettaglio visivo, l'originalità di molte gag che si avvalgono anche di un meticoloso lavoro sul sonoro, la nostalgia per i valori umani e i rapporti più schietti che si instaurano fra gli abitanti del quartiere popolare dove vive Hulot. Tati è spesso pungente, ma non eccede in cattiveria e il suo allampanato Hulot resta memorabile nel suo quasi totale mutismo. Molto bella la fotografia a colori di Jean Bourgoin, mentre le musiche sono molto "alla Tati ", ma gradevoli proprio per questo.
Voto 9/10
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