Regia di Isabel Coixet vedi scheda film
Ann è giovane e bella e nonostante i suoi 23 anni ha già un marito e due figlie piccole cui badare. La sua breve esistenza, costellata da dolori e difficoltà materiali, è scandita da un lavoro duro in una impresa di pulizie ed una roulotte che chiama casa, dalla compagnia di una madre separata da un marito ergastolano ed una migliore amica preda di ossessioni bulimiche. Questo piccolo mondo sembra crollargli addosso quando gli viene diagnosticato un male incurabile, decidendo allora di tacerlo ai familiari e preparandosi per lasciare loro in eredità un ricordo di lei che li accompagni e li conforti non ostante la sua assenza.
Prima sceneggiatura da un soggetto non originale (il racconto 'Pretending the Bed Is a Raft' di Nanci Kincaid) e secondo successo internazionale per l'autrice spagnola, questa produzione ispano-canadese conferma le preferenze melodrammatiche e intimiste della Coixet per le riflessioni strappalacrime e assonanti che stanno tra 'Le cose che non ti ho mai detto' del 1996 e 'La vita segreta delle parole' del 2005, condividendo con l'una le speculazioni minimaliste per le molteplici declinazioni del sentimento amoroso e con l'altro le reticenze interiori di una protagonista (sempre la stessa: una misurata e dolente Sara Polley) divisa tra le disillusioni di una vita crudele e ingiusta e la speranza per un futuro di amore e condivisione ('delle persone si arriva a conoscere,se va bene, non più del 50%'). Benchè il film non sfugga alle trappole melense del dramma sentimentale americano (tra la Spagna di Almodovar ed il Canada delle locations e dell'ambientazione sembra prevalere nettamente il secondo) con tanto di narrazione esemplare di uno spaccato sociale diviso tra marginalità (la roulotte,il precoce gravame proletario, la situazione familiare disastrata, persino un'amica problematica e bulimica) e buona volontà, il film della Coixet articola bene i momenti di un percorso intimo e personale che ben si attaglia allo sguardo indulgente e paziente della sua pacata protagonista, facendoci digerire persino le ingenuità di una rivalsa sentimentale e sessuale che sfiora il ridicolo (la solità prestanza bovina di Mark Ruffalo pronta all'uso) o le scritte in sovrimpressione che segnano le tappe di un diario amoroso che aggrava (ove possibile) la già stucchevole soluzione narrativa del 'voice over', non mancando qua e là di sorprenderci con le indovinate e repentine improvvisazioni di fantasticherie da musical americano e le gustose citazioni cinefile dell'immaginario collettivo a stelle strisce. Se è vero che il soggetto già non originale del racconto di partenza è reso ancor meno 'originale' dall'idea di un testamento amoroso su nastro magnetico ('My Life - Questa mia vita' -1993 Bruce Joel Rubin) o dal sacrificio di un turn over più affidabile al talamo nuziale già visto molte altre volte, questo melodramma porta l'impronta di una sensibilità femminile che non ci può essere indifferente e che giustifica persino le quasi due ore di film passate a chiederci perchè arrivare fino ai titoli di coda. Bella colonna sonora tra cui la meravigliosa 'Senza fine' del nostro Gino Paoli. Presentato in concorso al Festival di Berlino e vincitore di due Premi Goya.
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