Regia di Isabel Coixet vedi scheda film
“Questa sei tu”: schermo bianco. “Questa sei tu”: dissolvenza al nero. La vita, la morte. Il prologo di questo bellissimo film, La mia vita senza me, ha la funzione di prenderti per mano e condurti in un lungo cammino, in equilibrio tra la vita e la non vita. Prodotto da Pedro Almodovar, dopo aver ottenuto un grande successo internazionale in Giappone, Canada e Spagna, questo quarto film della regista spagnola Isabelle Coixet, conosciutissima come regista di pubblicità, alla fine lascia veramente il segno. Naturalmente della sofferenza.
La stessa della giovane ventitrenne Ann, che vive in una roulotte con il marito disoccupato, Don, e due bambine piccole, la prima delle quali concepita a soli diciassette anni. Ann lavora come donna delle pulizie all’università, ed i turni di notte la costringono ad una vita massacrante. A ventitre anni Ann non ha più sogni né ambizioni, eppure è serena. Fino a quando la diagnosi medica le rivela di con-vivere con un male incurabile. Ann ha due, massimo tre mesi di vita. Grazie a questa forte ripresa della padronanza del tempo, la donna capisce di non aver mai vissuto veramente e cerca nel poco tempo che le rimane di sistemare tutte le faccende rimaste in sospeso, ed al tempo stesso di provare emozioni e desideri che per troppo tempo è stata costretta a negarsi, rimuovendole. Verranno di conseguenza l’incontro inaspettato con un ragazzo timido ed indifeso, Lee, che porterà nella vita di Ann quella ventata di novità e d’emozioni indispensabili per affrontare l'idea della morte ormai vicina ed ineluttabile.
Rispetto al suo penultimo lavoro, Le cose che non ti ho mai detto, la regista, che comunque sceglie sempre argomenti dai contorni drammatici, dimostra una maggiore abilità nella direzione degli attori: Sarah Polley è come al solito intensa e coinvolgente, ed al suo fianco Mark Ruffalo (In the cut) si conferma un giovane attore di talento. La macchina a spalla segue da vicino Anne, percorre con lei il calvario, lasciandoci intravedere spiragli, seppur flebili.
La mia vita senza me commuove, emoziona, senza scadere nel melodramma, eppure arriva dritto al cuore. E’ stridente l’amara dolcezza utilizzata dalla regista, che fa di questo suo film un’opera sul dolore della morte e sulla vibrante intenzione che ci scuote, allorché si è costretti ad avere un tempo massimo per le proprie cose, compresa la vita. E’ un film sul risveglio dal torpore della vita. Ma anche sulla scelta. Quella difficile per cui Ann decide di non rivelare a nessuno la sua condizione. Un atto estremo di amore e di libertà, l’unico capace per garantirsi la vita oltre la morte. Una vita Senza fine (è il titolo della track di Gino Paoli inserita nel film), per la quale anche il poeta Ungaretti, nel momento del dolore ebbe a dire: Non sono mai stato così attaccato alla vita. Senza rimpiangere mai una qualsiasi possibilità. Fosse pure una vita senza se stessi.
Giancarlo Visitilli
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