Regia di Jean Cocteau vedi scheda film
Da non confondere con una mera operazione autocelebrativa, Il testamento di Orfeo o non domandatemi perché è un vero e proprio testamento di poetica, la summa ideologica e artistica di Cocteau, quindi un'opera complessa e poliedrica come il suo autore, sincera, influenzata da esperienze avanguardiste e insieme del tutto indipendente, poesia cinematografica sulla figura immaginifica del poeta, essere privilegiato nella "funzione" di traghettatore e tramite tra i mondi correlati di realtà e irrealtà (a cui è legato il simbolo dello specchio).
Fin da Le sang d'un poète (1930), documentario realista di avvenimenti irreali (J. Cocteau), il mito irrompe nella vita proprio perché al di là della distanza temporale, il poeta-cantore per eccellenza, Orfeo, è il paradigma della continuità dell'arte nello spazio e nel tempo, e appunto tra dimensioni parallele, vita terrena e inferi, tra l'Io e l'Altro, è il messaggero di qualcosa di intimo e universale definibile solo con le arti stesse.
Così, sintetizzate nel cinema, temi e artifici possono convivere senza timore di scardinare l'ordine delle cose, ma anzi sono giustificate nella loro meraviglia, esaltate da compresenze temporali e spaziali, eventi sovrannaturali, dissolvenze, inversioni, illusioni, similmente ai procedimenti compositivi musicali. 8
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