Regia di Jean Cocteau vedi scheda film
“Il testamento di Orfeo” rappresenta il testamento artistico di un autore che ha esplorato territori differenti creando e plasmando nuove forme. In questa sua ultima opera, Cocteau, mette in scena la sua idea di cinema polimorfico fatto di spazi imprecisati e tempi indefiniti. Il tutto diventa niente e viceversa il nulla prende forma, liberandosi contemporaneamente della semplice ed effimera corporalità. Esteriorità ed interiorità si librano in un limbo surreale in cui la potenza ammaliante della parola si fonde mirabilmente con la forza visionaria delle immagini. Uno spettacolo illusionistico in cui i giochi di montaggio, le scenografie e i costumi rendono “possibile l'impossibile”, ossia si tramutano in (puro e semplice) cinema. Bisogna smetterla di porsi (e porre) troppe domande dice Cégeste poco dopo aver incontrato lo stesso Cocteau. E, come dichiarato dal critico Edoardo Bruno, più che sulla ragione bisogna porre l'accento sull'emozione (e le sensazioni). “Il testamento di Orfeo” - dichiara Cocteau - è una macchina per fabbricare significazioni.. Come autore del film, propongo allo spettatore una serie di geroglifici, di cui ognuno può interpretare a suo piacimento il senso e placare la sua singolare sete di cartesianismo”. Riferimento tutt'altro che velato ad una certa critica cervellotica, oltre che monito per tutti quegli spettatori che assistono ad un film rimanendo sempre sintonizzati sulla stessa frequenza senza riuscire a captarne altre... basse o alte che siano.
“Il testamento di Orfeo” è il mausoleo costruito da Jean Cocteau, in cui il tempo si cristallizza e in cui ciò che sembra morto continua a vivere in eterno.
Che cos'è un film? “Una fonte di pensiero che pietrifica. Un film permette di dare un'apparenza di realtà all'irreale... resuscitando azioni morte”. Se non ci credete, guardate pure quest'opera. Ve lo dirà Cocteau stesso “in carne ed ossa”.
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