Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Franco Mattioli, Ugo Cavara, Lele Bagnoli, Stefano Bertoni e Antonio Santelia si ritrovano di nuovo intorno ad un tavolo verde. Un’altra notte di Natale da profanare, come diciassette anni prima quando alle 5 e 30 del mattino si chiuse una partita a poker che costrinse Franco a lasciare assegni postdatati per oltre cinquecento milioni di vecchie lire. La rovina o la rinascita? È la notte della rivincita, del riscatto, di un passato da chiudere e dal quale allontanarsi e soprattutto - come avverte la citazione di Cioran all’inizio del film - della vendetta, dell’animo, in ogni caso, avvelenato. A fare da mazziere è Pupi Avati che ritrova i suoi personaggi e i suoi bravissimi attori (Diego Abatantuono, Gianni Cavina, Alessandro Haber, George Eastman e Carlo Delle Piane), trasformati naturalmente dal tempo, affinati nella tecnica e diretti benissimo, per chiudere la partita di una vita. Per rispondere a quella domanda impellente che balugina alla fine di ogni bella storia: ora che cosa accadrà ai protagonisti? Che cosa faranno? Dove andranno? Chi incontreranno? Cambieranno? Il cinema ha escogitato l’espediente dei sequel per vendere risposte e gadget. Avati pensa, invece, a una tradizione letteraria classica, sa come auscultare il cuore dei protagonisti e sa immaginarne le mosse, i segnali di intesa, le ferite, le frustrazioni, la voglia di rivalsa, l’intenzione di pareggiare i conti con il destino cinico e baro. L’azzardo di una puntata al buio, il rischio di un rilancio, il bluff e l’inganno sono “incidenti” ed espedienti abbastanza normali nell’esistenza condensata dei personaggi cinematografici e si verificano anche in quella più distesa degli spettatori. Questa connessione dona al poker un fascino metaforico che Avati, da ottimo regista, sa descrivere e proporre con un tocco preciso, incisivo, serrato. Il suo intreccio, in cui i flashback sono presi da Regalo di Natale, ha molte analogie con una partita ricca di sorprese, di dettagli (i riferimenti al cinema vanno aldilà delle multisale possedute da Franco o dell’impiego in Cineteca di Lele), di sfumature e di ribaltamenti. Una mano di gioco si può passare. Il tempo, con un’ombra di pessimismo, ci passa dentro e si accaparra tutte le poste.
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