Regia di Pupi Avati vedi scheda film
“È lecito non vendicarsi? Non vendicarsi avvelena l’animo almeno quanto vendicarsi, se non di più” sostiene Emil Cioran in apertura. Più che una rivincita, al centro del sequel del cult movie del 1986 c’è la vendetta. Se è vero che si serve fredda, diciott’anni è un buon lasso di tempo per prepararla. A cucinarla ci pensa sempre il demiurgo Pupi nella fase più fertile della sua carriera, riproponendo quei cinque giocatori con qualche anno in più sulle spalle ed esperienze diverse. Franco, che si è ripreso dalla batosta e continua la sua attività gestendo sale cinematografiche, viene a sapere che a Bologna quella partita raccontata nel Regalo è diventata una leggenda nella città delle due torri e che Lele, decaduto a dipendente comunale alla cineteca, è gravemente malato. Franco allora ricontatta Stefano – rimasto sostanzialmente uguale – e Ugo – finito a servire in un ristorantino etnico – e ripesca l’avvocato Santelia, sempre più viscido. Ed ecco quindi il secondo round del gioco al massacro: chi la spunterà? E non si sottovaluti il fatto che spesso la vecchiaia inacidisce, rende più cinici, e se si coniuga con la disperazione sono, senza usare tante perifrasi perché il film è duro ed aspro, cazzi amari. Un film, ancor di più rispetto al prequel, sullo squallore e sulla solitudine, non lasciando per strada nemmeno una speranza, finendo col realizzare una delle opere più pessimiste e senza scrupoli dell’ultimo cinema nostrano.
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