Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Buon sequel di "regalo di Natale" ma non all'altezza del precedente capolavoro di Pupi Avati
Diciassette anni dopo il primo "Regalo di Natale" il regista Pupi Avati,torna sul luogo del delitto, riunisce gli interpreti del precedente cast per dar vita ad un sequel. Questo film è infatti il seguito del suo bel film del 1986, Stessi protagonisti, naturalmente incanutiti e invecchiati, stessa ambientazione, stessa passione per il gioco. Avati mette ancora una volta attorno al tavolo verde, i cinque “amici” del primo film. Franco, alias Diego Abatantuono dopo la mastodontica sconfitta in una partita a carte, decisamente pilotata, che lo ha segnato, è diventato un ricco uomo di successo, ma comunque è ancora animato da risentimento, per lo smacco precedente, bracca i suoi "avversari " per giocare una rivincita su molti fronti. Lele sempre più frustrato, dopo aver perduto il posto da critico cinematografico e essere costretto a lavorare in un ufficio del comune, Ugo che prosegue il suo percorso di perdizione, giunto a livelli di sordida bassezza, fino ad essere ridotto a svolgere mansioni di cameriere, in un ristorante africano, gestito da datori di lavoro extracomunitari. Stefano, dopo il suo outing è altrettanto infelice e insoddisfatto, convive con un uomo che lo mantiene. Infine immutabile, imperturbabile e sempre uguale a se stesso, alle prese con le sue pruderie erotiche è l'avvocato Santelia, il compianto Carlo Delle Piane, per il quale i segni del tempo sembrano non aver lasciato significative tracce . Di nuovo insieme per una partita di poker. Qui tuttavia si esauriscono le affinità con la precedente pellicola. Questo lavoro per quanto ben girato, non ha la carica emotiva di "Regalo di Natale",la sua sinistra magia, non ne possiede la pessimistica poesia, anche se interessante come quasi tutti i lavori di Avati, regista italiano di grande valore. Abatantuono non è più una sorpresa e Carlo Delle Piane conferma il suo spessore di attore di razza. I protagonisti sono cambiati, fisicamente, ma soprattutto moralmente. Ognuno di loro è peggiorato, esasperando le caratteristiche negative già abbozzate nel precedente film, ma si può dire che per i cinque giocatori della "La rivincita di Natale" i sentimenti, le emozioni, l'amicizia, si siano estinte proprio quella notte di Natale del primo film. La disillusione, l'avidità, l'inganno, la voglia di rivalsa, hanno sostituito ogni minimo sentimentalismo. Sono tutti contro tutti, gli accordi non si reggono in virtù dell'amicizia, bensì solo in forza di un potenziale guadagno. Il poker è una fin troppo scontata metafora della vita, si gioca, si perde, ci si angustia, si prova il brivido del rischio, l'abisso della sconfitta, la débâcle e l’ eventuale risalita, l'ombra del bluff. Solo che qui il regista alza il tiro e la partita a carte diventa allegoria del cinema. Avati si colloca idealmente al tavolo da gioco, accanto allo spettatore, ma è un impostore che trucca le carte, sfornando il colpo di scena conclusivo, l’inaspettato fuori campo. Da parte sua lo spettatore è ben lieto di essere un testimone di questa partita taroccata. Anche in questa pellicola la colonna sonora puntuale, sottolinea la malinconia e la solitudine dei personaggi, solitudine ancora più amplificata, dalla concomitanza con un periodo dell'anno, che per tradizione, si trascorre in famiglia anziché davanti ad un tavolo verde in lotta contro se stessi e contro gli altri. La vicenda si tinge di giallo e regala il finale a sorpresa, di cui sopra. La partita è giocata, melodrammaticamente e platealmente, in un trionfo di primi piani, di parole, di gesti, di ammiccamenti, silenzi assordanti, sostenuta da interpreti sicuramente ispirati. Ancora una volta i simboli della festa vengono degradati a semplici accessori dell'arredamento, che vanno sullo sfondo, in secondo piano ,perché la ribalta se la prende lo spettacolo di bassezze e miserie umane messo in piedi da un gruppo di perdenti, ormai alla frutta. Chi ancora non l'avesse fatto, si andasse a vedere "regalo di Natale".
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