Regia di Aleksandr P. Dovzenko vedi scheda film
Non è tanto semplice descrivere un capolavoro: l'unica cosa da dire è che si deve vedere. Il dubbio principale che mi ha lasciato è se mi sia piaciuto di più "La terra" o "Arsenal" (1928), altro grandissimo film di Dovzenko. Quel che è certo è che "La terra" è uno sconvolgente poema lirico, con l'afflato panteista delle "Georgiche" di Virgilio. Il film di Dovzenko non è certo un idillio, ambientato com'è nel periodo che seguì la rivoluzione d'ottobre, con la lotta tra i contadini dei kolkhoz e i ricchi kulaki, refrattari alle novità rivoluzionarie. L'inevitabile manicheismo (i kolkoziani buoni e coraggiosi, i kulaki cattivi e vigliacchi), imposto anche dall'epoca in cui il film fu girato, non impedisce a Dovzenko di realizzare con inusitata libertà alcune delle sequenze più belle nella storia del cinema muto. Si pensi alla scena iniziale della morte del nonno, che si adagia sorridente su un mucchio di mele, o a quelle in cui Natalja, completamente nuda, si contorce per il dolore della scomparsa di Vasili. Più volte citato (una scena compari quasi uguale nella "Notte di San Lorenzo" dei fratelli Taviani), "La terra" ha un titolo che già dice tutto: il film ha la consistenza delle zolle lavorate dai contadini ucraini (il regista era appunto originario di quel paese), la muta insensibilità della terra che ricopre i morti e che non permette loro di rivelare il segreto sull'aldilà, e i problemi, le gioie e le sofferenze del nostro pianeta. E Dovzenko, pur trattando malissimo il pope del film, non rinuncia ad un moto di dubbio: "Dio non c'è, ma se ci fosse?".
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