Regia di Aleksandr P. Dovzenko vedi scheda film
La terra non appartiene ai proprietari di essa, ma a chi effettivamente vi lavora, quindi i contadini, per secoli sfruttati e sottomessi in varie forme giuridiche ai più ricchi, con la rivoluzione bolscevica, possono rialzare finalmente la testa... per lo meno nelle zone profonde dell'est Europa, in cui il comunismo ha trionfato, imponendo la collettivizzazione dei terreni, un sovvertimento di un ciclo del mondo andato avanti per millenni, per questo osteggiato dai kulaki - i contadini ricchi -.
Figlio di contadini ucraini, Dovzenko sente la materia profondamente, giungendo a scalare la gerarchia sociale aderendo con fierezza al comunismo, diventandone poi assieme ad Ejznstein e Pudovkin, il massimo cantore della rivoluzione, con i suoi benefici a favore delle masse; la Terra (1930) - pellicola muta quando il sonoro stava da poco affermandosi -, indubbiamente presenta connotati propagandistici; la dilatazione lirica delle inquadrature iniziali sul ciclo perpetuo di vita e morte della natura, indubbiamente mette in scena con forte slancio poetico delle immagini, ciò che la letteratura bucolica per millenni aveva decantato sulla campagna, dandone una raffigurazione schietta, senza fronzoli o inutili orpelli.
La natura non è buona e nè cattiva secondo Dovzenko, essa semplicemente è neutra nel suo andare avanti, dove la nuova vita dei frutti germogliati su di un albero, necessita della morte di un altro essere vivente per concretizzarsi; nati dalla terra e ad essa ritorneranno, destino accettato serenamente dal vecchio Simon Trubenko, il quale si distende all'ombra di un frutteto esalando l'ultimo respiro, sperando in un aldilà migliore, mentre poco lontano da lui dei bambini giocano, la vita và avanti in un eterno ciclo uguale a sè stesso. In questa circolarità, si inserisce la rivoluzione pronta a spezzare tale routine.
Il giovane Vasiliji Trubenko, aderente alle idee comuniste, assieme ai suoi amici aderisce appieno all'idea di collettivizzazione delle terre, in modo da creare cooperative contadine, facendo uso dei moderni mezzi meccanici; anche l'agricoltura è pronta ad entrare nella modernità, che i kulaki tanto osteggiano, così come Opanas, il padre del ragazzo, legato alla vecchia mentalità, preferendo la vecchia falce con manico in legno per lavorare la terra, piuttosto che il moderno trattore, venendo schernito dal figlio alla guida baldanzosa della moderna macchina.
Nella parte centrale, il lirismo agreste, lascia spazio al dinamismo delle moderne macchine agrarie, capaci di scavare solchi profondi nel terreno, con un dispendio di energie umane e tempo molto ridotto; Opanas è scettico, lui preferisce la tradizione, non capisce le potenzialità industriali delle macchine, lui guarda in un verso, mentre il montaggio - curato dallo stesso regista -, mostra il muoversi del trattore e delle falciatrici in direzione opposta e contraria, in un lavoro destrutturante del linguaggio cinematografico, arrivando a delle didascalie sempre più scarne, dove predominano sempre più le meraviglie benefiche portate dalla rivoluzione comunista.
Dovzenko conosce l'ambiente contadino, nonché la staticità in cui esso è stato costretto per secoli, scegliendo così di aprirsi ad un forte dinamismo nel mostrare l'uso positivo dei macchinari nel lavoro agricoli, con la macchina da presa montate accanto ai mezzi meccanici, a scopo illustrativo-divulgativo, dando un forte senso di meraviglia nei confronti di questi nuovi "simboli", che consentono di guardare finalmente ad un futuro migliore.
In questa nuova coesione tra uomo-natura, Dovzenko non subordina mai del tutto l'arte alle esigenze della propaganda, cercando nella propaganda di conferire uno sguardo lirico al giovane Vasiliji, nonché alla tragedia a cui andrà incontro per via della reazione violenta del vecchio ordine, costruendo sequenze di indubbio impatti visivo, cominciando dal già citato inizio, nonché il rapporto tra i due giovani fidanzati protagonisti, la conseguente disperazione di Natajia per la perdita dell'amato, arrivando ad essere totalmente nuda contorcendosi dal dolore, fino ad un finale dove Dovzenko mostra un mondo agreste ben più irrazionale misterioso, rispetto al realismo socialista, propugnato dal regime.
Il titolo scelto per la pellicola, la Terra, non si riferisce quindi al solo terreno da lavorare, ma anche al carico di significati che essa si porta, tra vita, sudore, fatica, morte, ciclo, tradizione, culto, progresso, solidarietà, fame e novità, di cui il martiriologio finale, lungi dall'essere disfattista come superficialmente etichettato da taluni organi di stampa sovietici all'epoca, finisce con il farsi cantore laico di un nuovo mondo, dove è possibile finalmente cercare soddisfazione e felicità in questa vita, invece di confidare in un aldilà incerto, propugnato dalle vecchia istituzioni, a favore di un "ateismo pagano", che metta a centro l'uomo con la sua capacità di essere finalmente padrone del proprio destino.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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