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Trama

Il film Adam’s Sake (L'intérêt d'Adam) racconta la storia di Lucy, una donna che lavora in un reparto pediatrico cronicamente sotto organico. Quando il piccolo Adam, quattro anni, viene affidato alle sue cure, si trova a dover affrontare l’insistenza della madre Rebecca, che si rifiuta di allontanarsi da lui nonostante un ordine del giudice lo proibisca. Per il bene di Adam, Lucy sceglierà di aiutare quella madre in difficoltà, anche oltre i limiti imposti dal sistema.

La regista Laura Wandel ambienta Adam’s Sake, suo secondo film, in un ospedale pediatrico pubblico, microcosmo attraversato da dinamiche sociali, giuridiche e personali. In questo luogo si intrecciano i destini di individui diversi, accomunati da una condizione di vulnerabilità. L'idea di fondo non è solo quella di rappresentare la sofferenza dei bambini, ma anche di mostrare quanto le loro vite siano inseparabili dal legame con i genitori, anche quando questo è compromesso.

Il personaggio di Lucy (Léa Drucker), infermiera esperta ma profondamente segnata da un sistema che non funziona più, diventa il perno emotivo e morale del film Adam’s Sake. Non è una figura eroica nel senso classico, ma una donna che ogni giorno affronta i limiti delle istituzioni e si interroga su cosa significhi realmente prendersi cura. Il lungometraggio, scelto come titolo di apertura della Semaine de la Critique 2025, adotta il suo punto di vista, immergendo lo spettatore in un ritmo frenetico che riflette le condizioni di lavoro del personale sanitario. Lucy è in movimento costante, e proprio questa tensione fisica traduce visivamente il senso di urgenza e di impotenza che caratterizza il suo quotidiano.

Adam (Jules Delsart), il bambino, non parla quasi mai: il suo silenzio è espressione di un conflitto di lealtà devastante nei confronti della madre. Nonostante la sua età, diventa l’elemento che innesca i cambiamenti negli adulti intorno a lui. Quando riesce finalmente a esprimere il suo tormento - vuole restare con la madre, ma non vuole morire - la sua voce, fin lì ignorata, cambia il corso degli eventi.

Rebecca (Anamaria Vartolomei), la madre, non viene mai giudicata. È una giovane donna fragile e smarrita, che tenta disperatamente di mantenere un controllo sul figlio attraverso il cibo. Wandel non ha alcuna intenzione di stigmatizzare stili alimentari, ma usa la nutrizione come metafora del bisogno di rassicurazione, del tentativo maldestro di esercitare un potere in un contesto in cui si è ormai perso ogni riferimento.

Il film Adam’s Sake è anche una riflessione sulla violenza sistemica. Le gerarchie tra medici e infermieri, le relazioni tra personale medico e giudiziario, l’assenza di risorse: tutto concorre a creare un ambiente in cui il bambino è l’anello più debole. In questo scenario, Adam diventa simbolo dell'umanità tutta, non solo nella sua vulnerabilità ma anche nella sua capacità di cambiamento.

Con uno stile immersivo, la regia segue Lucy da vicino, a volte anche solo da dietro, come se la macchina da presa fosse incollata al suo respiro. La camera a mano e la fotografia realistica restituiscono l'ansia e la tensione di un reparto ospedaliero dove ogni gesto è importante e ogni minuto può fare la differenza. Le scene sono spesso girate in piano sequenza, il che ha richiesto uno sforzo notevole a livello attoriale e coreografico, ma ha anche permesso di catturare una verità emotiva rara.

La regista sceglie di non spiegare mai troppo, lasciando allo spettatore il compito di interpretare ciò che accade. La fiducia nel pubblico è totale: lo spettatore viene immerso nella complessità delle dinamiche umane e istituzionali senza didascalismi.

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2025
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Recensione

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