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Trama

Diretto da Hubert Charuel, il film Meteors ci porta in Francia, nella profonda provincia dell'Est. Tony (Salif Cissé), Mika (Paul Kircher) e Daniel (Idir Azougli) sono amici d’infanzia, cresciuti nello stesso deserto sociale. Tony è diventato il "re del cemento", gli altri due dei re del nulla. Dopo l’ennesimo pasticcio, Tony li coinvolge in un lavoro in un deposito di scorie nucleari. È l’ultima spiaggia. O forse solo un’altra voragine.

Tra cantieri tossici e fughe notturne, il legame tra i tre si mette alla prova. E mentre il corpo di Daniel sprofonda nell'alcol e la sua mente nella fuga, Mika cerca disperatamente di salvarlo. Ma si può salvare qualcuno che non vuole essere salvato?

Meteors, presentato a Cannes 2025 nella sezione Un Certain Regard, è un film sul collasso: personale, affettivo, sociale, ambientale. È una storia di amicizia maschile, di dipendenza e di disillusione, ma anche di amore: “una storia d’amore tra due persone che devono lasciarsi”, come la definiscono gli sceneggiatori Charuel e Claude Le Pape. All’inizio è una commedia ruvida tra amici, poi si fa dramma sociale, thriller sotterraneo, quasi fantascienza. Sempre però resta ancorata alla carne viva dei suoi personaggi.

Al centro del film Meteors c’è l’alcolismo, visto non da chi lo vive, ma da chi gli sta accanto e non sa più come aiutare. “Mika vuole salvare Daniel e fallisce. Ma, alla fine, lo libera”, spiegano. Il film parla di dipendenza, ma anche di territori che si avvelenano per sopravvivere, come la Haute-Marne, dove l’economia ruota attorno allo smaltimento delle scorie nucleari.

La discarica diventa metafora: seppelliamo ciò che non vogliamo vedere, i traumi, i rifiuti, i legami rotti. Ma sotto il cemento, tutto resta vivo.

“Non è una storia di meteore che cadono dal cielo, ma di uomini che cadono. E si sorreggono a vicenda, finché possono”, sottolineano Charuel e Le Pape. “Meteors è anche un melodramma, un film che abbraccia le lacrime. Ci siamo ispirati a Rain Man, L’attimo fuggente e persino Terminator 2. Ci è stato detto che nessuno voleva vedere film su allevatori. Poi Petit Paysan ha vinto tre César. Anche qui, chiunque conosce un Daniel”.

 

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