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Trama

Diretto da Kei Ishikawa, il film A Pale View of Hills racconta la storia di Etsuko (Yoh Yoshida), una donna giapponese che vive in Inghilterra ed è segnata da un lutto che riapre le ferite del passato. Mentre riflette sulla propria vita, i ricordi di un’estate vissuta a Nagasaki negli anni ’50 riaffiorano in frammenti sfocati ma emotivamente vivi. In quella stagione sospesa, la giovane Etsuko (Suzu Hirose) aveva stretto un legame complesso con Sachiko, una madre sola dal comportamento instabile, e con la figlia Mariko.

Presentato a Cannes 2025, il film A Pale View of Hills è il racconto di una memoria che si disgrega, della difficoltà di affrontare il passato, e del confine sottile tra ciò che è stato vissuto e ciò che viene raccontato a sé stessi per sopravvivere.

Tratto dal romanzo d’esordio di Kazuo Ishiguro, Premio Nobel per la Letteratura, il film A Pale View of Hills esplora con straordinaria delicatezza i temi della perdita, del senso di colpa e dell’identità. È una storia sulle madri e sulle figlie, sulla guerra e le sue cicatrici silenziose, sulla memoria come territorio instabile.

Kei Ishikawa dirige con precisione e discrezione, restituendo la struttura elusiva del romanzo con un’estetica che alterna lirismo e inquietudine. Le due linee temporali - l’Inghilterra degli anni ’80 e il Giappone post-bellico - si riflettono l’una nell’altra come visioni sfocate, ma cariche di significato.

Il film A Pale View of Hills evita ogni facile spiegazione. Come nei romanzi di Ishiguro, ciò che è detto è meno importante di ciò che è taciuto. Lo spettatore è invitato a leggere tra le pieghe del non detto, nel silenzio tra due sguardi, nella discrepanza tra il ricordo e la realtà.

“Quando ho letto per la prima volta A Pale View of Hills, mi ha colpito la sua atmosfera ambigua, fragile, profondamente umana”, ha spiegato il regista. “È un romanzo che non ti dice mai cosa pensare. Ti lascia spazio. Come regista, ho cercato di onorare questa ambiguità. Di non spiegare, ma di suggerire”.

“Il film è attraversato da un senso costante di perdita”, ha aggiunto Ishikawa. “Ma non è un’opera cupa. È una riflessione malinconica su ciò che ci resta, anche quando pensiamo di aver perso tutto. Etsuko non è solo un personaggio. È una domanda aperta”.

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