Trama
Il film Two Prosecutors ci conduce in un’Unione Sovietica immersa nella paura, anno 1937. Un giovane procuratore appena nominato, Alexander Kornyev, riceve un’inaspettata lettera scritta col sangue da un detenuto politico. In un sistema dove decine di migliaia di lettere simili vengono bruciate ogni giorno, questa è l’unica che riesce a sfuggire al silenzio della repressione. Kornyev, idealista e leale al sogno bolscevico, decide di indagare, spingendosi oltre i confini della sua provincia e fino agli uffici del Procuratore Generale a Mosca.
Ma il regime che serve con devozione è un meccanismo impenetrabile, dove la logica è capovolta, il linguaggio corrotto e l’innocenza una minaccia. Il suo viaggio verso la verità si trasforma in una discesa kafkiana nei corridoi ciechi del potere totalitario, dove perfino i “veri credenti” come lui diventano sospetti.
Con il film Two Prosecutors, Sergei Loznitsa torna a confrontarsi con il cuore nero del XX secolo: il sistema repressivo dell’Unione Sovietica stalinista. Il film nasce da un racconto quasi sconosciuto di Georgy Demidov, scienziato e scrittore sopravvissuto al Gulag, la cui opera fu sequestrata dal KGB e rimase inedita per quarant’anni. Questo passato “sepolto”, come la lettera scritta col sangue che apre il film, è il nucleo di un’opera che interroga direttamente la relazione tra potere, giustizia e coscienza.
Loznitsa descrive il suo protagonista, Alexander Kornyev, come un eroe tragico: un giovane procuratore fedele agli ideali bolscevichi, cresciuto in un clima di fede assoluta nella legge e nello Stato, ma ignaro che lo stesso Stato sta sacrificando in massa i suoi figli più leali. È un personaggio che incarna il paradosso della dittatura: la distruzione sistematica della verità, anche quando questa proviene dall’interno.
Per interpretare Kornyev nel film Two Prosecutors, Loznitsa ha scelto Aleksandr Kuznetsov, attore russo di grande sensibilità, oggi residente all’estero dopo essersi allontanato pubblicamente dal regime. La sua presenza incarna non solo la tensione interiore del personaggio, ma anche quella di un’intera generazione, presa tra l’adesione a un ideale e la scoperta dell’inganno.
Il film si muove nel solco di Gogol e Kafka: è un thriller morale fatto di silenzi, labirinti burocratici e dialoghi tesi come interrogatori. La regia adotta una grammatica visiva rigida e severa, con inquadrature statiche e una tavolozza di colori ridotta a grigi, blu e rossi spenti, che riflette la chiusura emotiva e ideologica dell’epoca. Non ci sono eroi salvifici, né grandi gesti: il dramma si consuma nella tensione interiore, nella paura del non detto, nella consapevolezza che anche fare la cosa giusta può condurre al disastro.
Il tema centrale - l’incapacità di riconoscere il male quando si nasconde dietro l’autorità e la legge - è di bruciante attualità. Il film Two Prosecutors parla di Stalin, ma parla anche del presente: delle derive autoritarie, del culto del potere, della macchina giudiziaria usata come strumento di terrore. In ogni società in crisi, dice Loznitsa, la verità diventa prima sospetta, poi pericolosa.
Con questo film, presentato in concorso al Festival di Cannes 2025, il regista non solo racconta una pagina dimenticata di storia, ma lancia un allarme su un meccanismo psicologico e politico che si ripete con inquietante regolarità. È una tragedia fatta di grottesco e paradossi, dove la fedeltà diventa colpa e l’integrità una forma di insubordinazione. Un cinema spoglio, rigoroso, spietatamente lucido – come lo sguardo di chi, nel buio della cella, ha ancora il coraggio di scrivere con il sangue.
Girato all’interno di un’ex prigione zarista a Riga, chiusa per condizioni inumane, il film Two Prosecutors adotta un’estetica austera e claustrofobica. L’immagine in formato 1.33 e la totale assenza di camera a mano restituiscono lo spazio mentale del protagonista e l’oppressione di un’epoca. Ogni elemento scenico – dai costumi cuciti con stoffe d’epoca alla palette cromatica smorzata – contribuisce alla costruzione di un mondo dove la logica si è rovesciata e la giustizia è diventata il volto della paura.
Come ricorda Loznitsa, “la tentazione dell’autoritarismo non è mai scomparsa”. Two Prosecutors non è un film solo sul passato sovietico: è un monito. Un’opera che interroga il presente attraverso la memoria, mettendo in scena non solo la crudeltà del potere, ma anche la cecità e la complicità degli individui. Ogni dittatura distrugge prima di tutto i suoi credenti più puri ed è proprio lì che nasce la tragedia.
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