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Facciamo l'amore

Regia di George Cukor vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Facciamo l'amore

di laulilla
7 stelle

Alcune incisioni di dubbia antichità su carte artatamente ingiallite precedono il film, e raccontan la favola bella della stirpe dei Clement, in origine agricoltori e successivamente signori ricchissimi che con alterne fortune sfruttarono la grande ricchezza saggiamente gestita dal loro capostipite, in terra di Francia.

 

 

C’era una volta…

 

Nel XVI secolo, presso Tours nella Francia Nord Occidentale, ebbe inizio, per puro caso, la fortuna di una grande famiglia, grazie al ritrovamento inaspettato del contadino Jean Marc Clement: una cassetta zeppa di monete d’oro e di gioielli.


Da quel momento Jean Marc non ebbe più alcun bisogno di lavorare la terra: si dedicò, infatti, alla più redditizia coltura della ricchezza, trasmettendola ai posteri insieme alla sua stessa passione per le donne.

 

Una storia fra Parigi e NewYork

Le ferite conseguenti a un duello portarono un Clement della quarta generazione alla convalescenza all’estero: a Manhattan egli realizzò gli importanti acquisti immobiliari  delle aree fabbricabili di Wall Street.
In seguito altri Clement avrebbero scoperto in Francia il fascino delle strade ferrate ed esportato oltreoceano quello dell’acciaio: ne nacquero Lady Liberty, le torri per l’estrazione del petrolio texano, redditizie almeno quanto la parigina Tour Eiffel…

 

L’ultimo Jean Marc Clement (Yves Montand), poliglotta ricchissimo, inventore di barzellette - e, come i suoi antenati, donnaiolo impenitente - poteva muoversi con estrema libertà nel mondo e godersi la vita, conoscendo bellissime fanciulle, mentre stuoli di impiegati compiacenti e pochi amici veri, dirigevano lo staff a Newyork seguendone gli affari, la borsa e affrontando eventuali questioni legali.

 

Ne curava l’immagine Howard Coffman (Tony Randall), scrupolosamente attento alle minime avvisaglie di ogni possibile rischio per la sua reputazione, nel '900 dominato dalla rapidissima diffusione televisiva di ogni pettegolezzo..


Fu così che Coffman sentì il dovere di avvisarlo con urgenza che un gruppo di teatranti si stava adoperando per allestire a Broadway, in un piccolo teatro, uno spettacolo di imitatori: si cercavano i possibili sosia di Maria Callas, Elvis Presley, Lolita, e anche del comico barzellettaro Jean Marc Clement: a loro si richiedevano, oltre alla somiglianza fisica, le necessarie abilità mimetiche.

 

Avvenne dunque che Jean Marc Clement conobbe – e fu immediatamente colpo di fulmine – la  sensualissima Amanda Pell (Marilyn Monroe) che esibiva con ammiccante malizia il proprio corpo avvolto in una calzamaglia nera e ricoperto da un corto maglioncino. La bionda Amanda, impegnata in un’erotica “lap dance”, cantava con finta innocenza “My Heart Belongs to Daddy”.
Turbato e irresistibilmente attratto da lei, tenendo nascosta la propria identità e assumendo il nome fittizio di… Alessandro Dumas, Jean Marc Clement decise di presentarsi come sosia…

 

Si avvia, perciò, la più complicata commedia degli equivoci: il sosia innamorato vuole una parte di attore  in cui alle barzellette si accompagnino romantiche esibizioni canore e danze adeguatamente preparate, nonché cene e doni preziosi, che non sciolgono l’indifferenza di lei – forse non insensibile alla corte e all’amore del giovane attore alcolizzato Tony Danton (Frankie Vaughan) – che lo crede davvero alla ricerca disperata del successo e dell’affermazione di sé…

 

La bella favola procede con lentezza (118 minuti) - fra l’ingenuità di Amanda, che vorrebbe sinceramente aiutarlo, e la disperazione di Jean Marc Clement, prigioniero d’amore e soprattutto delle bugie che ha costruito intorno a sé – per concludersi infine con l’inevitabile happy end dopo il difficile percorso che prepara l'agnizione.

Grande interpretazione di Montand; quella di Marillyn forse un po’ appannata in un film  in cui il patetismo erotico-sentimentale appesantisce talvolta la visione.

 

su RaiPlay ancora per qualche giorno.

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