Trama
Presentato fuori concorso a Cannes 2025, il film Magellan (Magalhaes) racconta di come, animato da un’irrefrenabile sete di scoperta, Ferdinando Magellano, navigatore portoghese ribelle, si scontri con l’autorità del proprio sovrano che rifiuta di finanziare i suoi sogni di esplorazione. È la corona spagnola, invece, a offrirgli l’occasione di compiere un’impresa senza precedenti: attraversare l’oceano verso le terre leggendarie dell’Est.
La spedizione, però, si trasforma presto in un viaggio estenuante, segnato da tempeste, carestia e ammutinamenti. E quando Magellano raggiunge finalmente l’arcipelago malese, l’esploratore visionario si trasfigura in un conquistatore, spinto dal desiderio di dominio e di conversione, fino a perdere il controllo degli eventi e sé stesso.
Con il film Magellan, Lav Diaz affronta per la prima volta in modo diretto uno degli snodi fondanti della storia filippina: l’arrivo dell’Occidente e l’inizio della colonizzazione. Ma non è un’agiografia. Diaz smonta i miti, compreso quello di Lapu-Lapu, e rilegge la storia con uno sguardo critico e revisionista. L’interesse del regista non è solo per la figura dell’esploratore, ma per le dinamiche di potere, i traumi lasciati dalla conversione religiosa e la tensione irrisolta tra scoperta e conquista.
Girato in formato 4:3, con lunghi piani sequenza, il film Magellan restituisce l’esperienza del viaggio come un’immersione fisica e spirituale. La presenza di Gael García Bernal nei panni di Magellano porta al lungometraggio una dimensione umana e malinconica: l’eroe visionario si fa corpo, tempo, fragilità.
Magellan è un film che riflette sul colonialismo, sulla fabbricazione dei miti e sulla necessità di rimettere in discussione la Storia ufficiale. L’opera mette in dialogo l’ideale romantico dell’esploratore con la brutalità dell’espansione imperiale. Al centro c’è la figura del viaggiatore come ponte tra mondi e culture, ma anche come agente di trasformazione distruttiva. Diaz affianca alla narrazione epica un forte respiro intimo, esplorando la solitudine del protagonista, il legame con la moglie Beatriz (presenza silenziosa e simbolica) e la tensione tra sogno personale e responsabilità storica.
È anche una riflessione sul potere delle immagini e sulla missione del cinema: spingersi oltre, trovare isole sconosciute, non per colonizzarle, ma per comprenderle.
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